Recortes de prensa y noticias de jardines (Sección fuera de España)  

Jardines de Italia


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miércoles, octubre 30, 2002 :::
 
Libro censisce ville e giardini del lago
PREZIOSA OPERA DEL MUSEO DEL PAESAGGIO

Fuente:La Stampa web
Fecha: 11-9-02

Verbania


Partecipazione da record alle esposizioni della rassegna Editoria e Giardini e a presentazioni editoriali, convegni, mostre che le hanno fatto da contorno. Prenotazioni esaurite, nonostante le incerte condizioni atmosferiche, al programma di visite guidate ai giardini privati e a Villa San Remigio. Eccezionale afflusso di pubblico alla sfilata del Corso Fiorito. Un´ulteriore riprova del pieno successo ottenuto da tutte le iniziative giunge dal grande favore che sta incontrando presso gli esperti e il vasto pubblico di appassionati il volume «Giardini e ville del Lago Maggiore un paesaggio culturale tra Ottocento e Novecento», presentato proprio nel corso di Editoria e Giardini. Curata da Renata Lodari, l´opera è frutto del contributo congiunto di Regione Piemonte e Museo del Paesaggio di Verbania e offre un prezioso ed affascinante panorama del patrimonio di dimore storiche del Verbano. Essa deriva dalla ricerca-censimento effettuata per conto della Regione dal Museo verbanese. Il direttore di quest´ultimo, Gianni Pizzigoni, ne sottolinea la sintonia con gli scopi istituzionali dell´Ente, mentre l´assessore Ettore Racchelli rileva la significativa coincidenza della presentazione di quest´opera con quella del progetto per Villa San Remigio. Il pubblico da parte sua con il grande favore e l´attenzione dimostrata testimonia quanto diffuso sia l´interesse per il settore. Intanto i fiori tornano protagonisti nel prossimo fine settimana a Villa Giulia, che si trasformerà in una sorta di affascinante foresta tropicale per l´esposizione internazionale «Orchidee sul Lago», organizzata dalla Pro loco.




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Orti botanici di Lombardia: sette proposte d’autunno
«Orobie» di ottobre da Milano a Bergamo e Toscolano Maderno

Fuente: Giornale de Brescia
Fecha:10-10-02

Bergamo

I magnifici sette giardini botanici della Lombardia. Anche d’autunno. quando, a differenza della vegetazione spontanea, questi spazi verdi sono vivacizzati ancora da qualche fioritura, in serra naturalmente. Orobie di ottobre li presenta in un ampio servizio. Prima tappa a Bergamo, dove l’orto botanico di città alta compie trent’anni di vita: un giardino particolarmente vivace, ricco di piante esotiche e autoctone, da cui si gode una splendida vista sulle Prealpi. Specializzato, invece, nelle specie alpine è il «Rezia» di Bormio: nato per far conoscere la flora del Parco nazionale dello Stelvio, accoglie varietà montane di tutto il mondo. Sulle sponde occidentali del Benaco, incontriamo l’orto botanico di Toscolano Maderno, istituito quarant’anni fa da una casa farmaceutica per coltivare piante d’interesse medicinale, è oggi proprietà dell’Università di Milano. Di tutt’altro genere i due orti botanici di Milano. Quello di Brera, in pieno centro, è un giardino storico realizzato alla metà del Settecento da Maria Teresa d’Austria, mentre Cascina Rosa, a Città Studi, è un centro di ricerca dotato di tre modernissime serre. Completano la rassegna Pavia - il cui fascino è legato agli impianti settecenteschi di Giovanni Antonio Scopoli - e Pietra Corva, a Romagnese che ha l’aspetto di un giardino roccioso. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.





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Rose, sorprese d’autunno
Riaperto per tutto il mese di ottobre il giardino comunale con 1.200 piante di nuovo in fiore


Fuente: Corriere della sera
Fecha:1-10-02

C’è la verde, la blu, quella che profuma di incenso: una festa di profumi e colori

Riapre il roseto comunale. Dopo la chiusura estiva, grazie al caldo sole autunnale le oltre 1200 piante del roseto comunale situato alle spalle del Circo Massimo, sono di nuovo in fiore. Per tutto il mese di ottobre quindi sarà possibile ammirare rose antiche e moderne, dai mille colori e profumi. Un'occasione da non perdere per una passeggiata romantica all'Aventino, con vista panoramica su Roma antica. Il Roseto Comunale attualmente è diviso in due parti, separate da via di Valle Murcia. Il settore «a monte» ospita le mille varietà della collezione storica capitolina, che costituisce una sorta di «museo della rosa». Percorrendo viali e vialetti, si osservano le rose botaniche, cioè quelle presenti in natura, tutte profumate e gli ibridi, cioè le rose nate da incroci spontanei (provocati dal vento) e artificiali, che propongono le più incredibili varietà di colori. Con gli ibridi si cerca anche di creare specie rifiorenti e maggiormente resistenti alle malattie. Difficilmente gli ibridi sono profumati come le botaniche, perché l'aroma che sprigiona la rosa non si crea in laboratorio. Fanno parte della collezione la famosa «rosa primula» le cui foglie profumano di incenso, la rosa blu, la rosa verde, chiamata così perché una mutazione spontanea le ha fatto assumere questo colore e la rosa Gioia.
Dall'altra parte di via di Valle Murcia, più in basso, c'è invece l'ingresso per la collezione delle rose che hanno vinto il «Premio Roma». Nuove varietà di Rose o che si stanno «ambientando» prima di partecipare alle prossime edizioni. «Nella prossima primavera al roseto ci sarà una novità - dice Dario Esposito assessore capitolino alle Politiche Ambientali - il percorso dei profumi per in non vedenti. Il Servizio Giardini ha già individuato una cinquantina di rose in un settore pianeggiante, senza barriere architettoniche, che emano aromi fruttati (albicocca, limone, pesca) e che avranno dei nuovi cartellini, con l'indicazione del nome e delle caratteristiche della specie scritte in Braille. E' una novità non solo al livello nazionale ma anche europeo».
Nel mese di ottobre continueranno le visite guidate gratuite su prenotazione (tel 06/5746810), che si terranno tutti i giorni al roseto con musica classica di sottofondo.



ROSETO COMUNALE,

via di Valle Murcia 6



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Due giardini storici
Sono quelli di Villa Malenchini e della Rocca Meli Lupi di Soragna
Figurano nell'Atlante delle grotte e dei ninfei

Fuente:Gazzetta di Parma
Fecha: 24-9-02
Autor:Pier Paolo Mendogni


La maggiore attenzione che negli ultimi tempi si sta riservando all'ambiente ha fatto riscoprire le grotte dei giardini storici: luoghi carichi di suggestione nei quali si intrecciano natura e artificio, mondo terrestre e mondo acquatico in una intrigante connessione di simboli mitologici e letterari. Per approfondire e valutare storicamente, esteticamente e quantitativamente questa particolare forma d'espressione naturalistico-architettonica è stato redatto un «Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia», edito da Electa, che ha pubblicato il secondo volume riguardante «Italia settentrionale, Umbria e Marche» a cura di Vincenzo Cazzato, Marcello Fagiolo e Maria Adriana Giusti.
Con questa iniziativa non solo è stato catalogato un patrimonio vastissimo, offrendo così uno strumento di rara efficacia ai fini della conservazione, ma viene rivelata al pubblico una quantità di luoghi e di bellezze scarsamente conosciuti, ricchi di un fascino incantato per la complessità e la varietà dei materiali impiegati e la fantasia dispiegata nel comporre queste scenografiche rappresentazioni.
I ninfei, luoghi sacri alle ninfe, hanno avuto origine nel mondo ellenico e inizialmente erano delle semplici grotte adibite al culto delle sorgenti; nel mondo romano il ninfeo si è poi caratterizzato in due filoni principali: la grotta artificiale e la «fronte architettonica» (a edicola, a esedra, e così via). Le grotte artificiali hanno goduto di una larga diffusione nel Rinascimento e nel Barocco quando per la loro costruzione sono stati impiegati i più celebri architetti del tempo, i quali hanno dato vita a spettacolari teatri delle acque con fontane, statue, antri incrostati di conchiglie, decorazioni a mosaico, giochi di spruzzi. E ancora oggi soprattutto nel Lazio troviamo delle splendide ville arricchite da queste fantastiche fontane.
Anche nell'Italia settentrionale si aprono «grotte» di incredibile fantasia come la grotta Pavese a Sampierdarena, quella Pallavicino a Genova, la Castelbarco a Vaprio d'Adda, le grotte di Palazzo Borromeo nell'Isola Bella.
Nel Parmense, purtroppo, è scomparso tutto il sontuoso apparato scenico fatto realizzare dai Farnese nei giardini di Colorno. L'«Atlante» registra comunque due luoghi degni di interesse: il giardino di Villa Malenchini a Carignano e quello della Rocca del Principe Meli Lupi a Soragna, entrambi studiati da Daniela Sinigalliesi. «Il giardino a est e a ovest di villa Malenchini - scrive - coniuga in una perfetta orchestrazione tutte le tendenze nella progettazione dei parchi, dalle macchie arboree desunte da Lancelot Capability Brown, sublime sarto del paesaggio, alla disposizione sapiente di derivazione francese dei parterres e delle aiuole, dal labirinto racchiuso da alte siepi di bosso al romantico laghetto caro alla tradizione inglese. Al centro delle due rampe curvilinee di scale è ricavata un'esedra ornata dalla statua di una divinità femminile per creare un fondale illusivamente prospettico».
Ampio e documentato è lo studio sul principesco giardino soragnese di cui si sono occupati illustri architetti quali i Bibiena, Angelo Rasori, Raimondo Casalini «disegnatore di giardini» insieme a noti scultori e stuccatori. Nei primi decenni dell'800 il cremonese Luigi Voghera ha progettato un giardino naturalistico con alberi d'alto fusto per creare pittoreschi contrasti tra zone ombreggiate e luminose, e vi ha inserito una grotta, «elemento tipico del giardino inglese», vista come momento di meditazione. «L'inoltrarsi nell'antro - si osserva - porta al buio assoluto e, come la mente per arrivare alla verità deve eliminare ogni idea preconcetta, così il procedere nell'oscurità verso l'alto porta alla luce». E dal belvedere che sovrasta la caverna si può ammirare «la visione luminosa del lago con l'Isola Citerea»: romantico approdo d'amore.






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Aperti 19 cortili e giardini Domenica è la giornata del patrimonio europeo

Fuente: La Stampa web
Fecha: 11-9-02

Vercelli

Cortili e giardini aperti al pubblico, domenica, in occasione delle «Giornate europee del patrimonio»: la manifestazione, organizzata da «Giroscopio» di Milano e alla settima edizione, è sponsorizzata dagli assessorati regionali al Turismo e ai Beni culturali del Piemonte, dalla Provincia e dalla Camera di commercio di Biella, dal Comune di Varallo e dalla Comunità montana Valsesia. Propone dieci appuntamenti in provincia di Biella e nove in quella di Vercelli. Nel Vercellese saranno aperti al pubblico, a Trino, l'abbazia del Principato di Lucedio con il Bosco della Partecipanza, il Museo Leone nel capoluogo, l'azienda agricola Veneria di Lignana, il millenario castello di Rovasenda, le Ville Durio e Virginia a Varallo, il castello di Nebbione a Carisio e il borgo di Carcoforo. Nel Biellese saranno aperte per l'intera giornata con ingresso libero la Villa Cernegliano a Sordevolo, la Villa Margherita a Cossato e, nella frazione di Castellengo, l'omonimo maniero, il giardino botanico di Oropa, la Villa Enrietti e Casa de Vierno a Viverone, la Villa Felice Piacenza a Pollone, il Palazzo Lamarmora a Biella e il castello di Massazza. E' prevista anche la visita guidata del Santuario di Oropa (durata 90 minuti, inizio alle 15, ritrovo nell'ufficio accoglienza) con la biblioteca, i saloni reali e quelli degli ex voto.




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I giardini silenziosi di Vedovato
S'inaugura la mostra fotografica

Fuente: Il Matino de Padova
Fecha: 11-9-02


Si inaugura oggi alle 18.30 nella Galleria Sottopasso della Stua (largo Europa) la mostra «Vincenzo Vedovato. Giardini silenziosi».
Promossa dall'assessorato alla Cultura - Centro Nazionale di fotografia, la rassegna padovana presenta 40 immagini in bianco e nero che ritraggono giardini (a fianco, uno degli scatti che si possono ammirare nella mostra) le cui atmosfere ci proiettano in un tempo passato, fastoso o romanticamente solitario, di cui sono silenziosi testimoni. Osservatori neutrali della vita che vi si svolgeva all'interno, questi giardini riflettono il mutare del rapporto fra l'uomo e la natura, un legame che vede l'uomo agire attivamente nel concepire architetture eccitanti adatte ai divertimenti, ai concerti, agli amori, agli intrighi, ed atmosfere armoniose in cui trovare la tranquillità, il riposo, l'ispirazione artistica, il sogno. In questi giardini risulta così identificabile la mano dell'uomo, sia che essa abbia voluto permeare di sé il paesaggio, sia che abbia preferito rispettare lo sviluppo naturale dell'ambiente, autoconfinandosi a ruolo di neutro osservatore. Avvolti da una luce neutrale che copre indifferentemente resti di architetture decadute e il rigoglio delle piante, gli scorci fotografati da Vincenzo Vedovato ci restituiscono le sensazioni e la memoria di quel lontano passato, delle emozioni vissute, dei sogni inseguiti e che il giardino torna a raccontare.
Vincenzo Vedovato nasce a Padova nel 1965. Si diploma al Liceo artistico nel 1984, con indirizzo architettura. Lavora all'Agenzia Pubblicitaria Areadue, e in seguito entra nello studio di Claudio Mainardi come assistente fotografo, lavorando nel campo della moda e dello still-life. Ha poi avviato un proprio studio fotografico industriale e still-life.
A Roma lavora a contatto con il cinema, conoscendone gli strumenti e le tecniche, diventando assistente di registi di fama come Bernardo Bertolucci, Carlos Saura, Ermanno Olmi, Costa Gavras ed ancore: Storaro, Tornatore, Khondji, Blossier, Boyle, Lhomme, Clark, Brakha, Myers e altri. Dal 1997 espone in numerose mostre personali e collettive: «Flamenco», «Sevilla», «Reportage», «Paesaggi», «Emozioni» e «Giardini». La mostra resterà aperta da domani al prossimo 5 ottobre. Orario: lunedì - sabato: 10-13/16-19. Chiuso domenica. Info. 049 8755212; fax 049 661030.




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L'Orto dei Semplici, la storia scritta attraverso le piante del territorio
Le vicissitudini dell'antica istituzione universitaria

Fuente:La Nuova Ferrara
Fecha: 19-8-02


FERRARA. Nel 1391 venne fondata l'Università di Ferrara dal Marchese Alberto V d'Este; fu in particolare nei secoli XV e XVI che accrebbe la sua fama. In quel tempo la facoltà di medicina era denominata "artistarum" e lo studio della medicina era strettamente collegato alle piante. Le piante medicinali erano dette "semplici" e lo "studio dei semplici" era la cattedra di botanica del tempo.
I docenti delle facoltà universitarie erano detti "lettori". Molti famosi lettori ferraresi del Rinascimento furono maestri di botanica e di medicina. Fra questi ricordiamo Berengario da Carpi, Nicolò da Lonigo (Leoniceno) e Giovanni Mainardi (Manardo). Un grande lettore ferrarese del '500 fu anche Antonio Musa Brasavola che fu medico di papi, re e dei duchi d'Este. Brasavola scrisse diverse opere sulle piante in cui vengono descritte le proprietà medicamentose di molte specie del territorio ferrarese.
La data di nascita "ufficiale" dell'Orto Botanico ferrarese come istituzione universitaria è indicata dagli storici nel 1771, tuttavia è certo che anche a Ferrara, similmente ad altre famose città universitarie (Padova, Pisa, Bologna) esistevano già nel '500 uno o più giardini dei semplici legati al mondo accademico. Di questi giardini si hanno solo notizie frammentarie. Uno di questi giardini era ubicato sull'isola Belvedere (oggi scomparsa), un altro era situato in una località chiamata "super culinam" (giardino della Montagnola) e un altro vicino al Castello Estense (giardino del Padiglione).
Nel XVII secolo gli Estensi si trasferirono a Modena e decadde anche l'università. Le prime notizie documentate riguardanti l'Orto Botanico risalgono al 1729 quando, in un verbale della Congregazione dell'Università, si legge che il Maestrato della Città di Ferrara aveva ceduto all'Università l'uso dell'ala del Palazzo del Paradiso, confinante con via dell'Inferno (oggi via Paradiso), per la istituzione della Pubblica Biblioteca e del Teatro Anatomico nonché l'uso dell'Orto del predetto palazzo.
All'inizio del 1800 Ferrara finì sotto la dominazione napoleonica e l'università fu chiusa e trasformata in Liceo fino al 1815. Il Liceo mantenne i corsi e le cattedre parificate a quelle universitarie e, nonostante la trasformazione, questo fu un periodo molto proficuo per l'Orto Botanico. Nel 1803 divenne prefetto dell'Orto il prof. Antonio Campana. Laureato in medicina, Campana pubblicò una "Farmacopea ferrarese" di cui vennero stampate 20 edizioni italiane e numerose traduzioni. Il periodo 1878-1919 fu il più triste per l'Orto che fu anche trasferito in un terreno non adatto a Palazzo Schifanoia. L'Orto tornò nella sua sede originaria nel 1925. Fu sotto la direzione del prof. Felice Gioielli che nel 1962-63 l'Orto fu trasferito a Palazzo Turchi di Bagno.




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jueves, octubre 17, 2002 :::
 
Inaugurati i giardini di Montanelli a Milano

Fuente : ANSA
Fecha: 22-7-02
http://www.ansa.it/search?NS-search-page=document&NS-rel-doc-name=/rubriche/italia/2002-07-22_707294.html&NS-query=+giardini&NS-search-type=NS-boolean-query&NS-collection=rubriche&NS-docs-found=5&NS-doc-number=1


(ANSA) - MILANO, 22 LUG - A un anno dalla sua scomparsa una sobria cerimonia ha dedicato i giardini di Porta Venezia e di via Palestro al giornalista-scrittore Indro Montanelli. Sono i giardini che Montanelli amava e nei quali passeggiava ed in prossimita' dei quali venne gambizzato dai brigatisti 25 anni fa. 'Caro Indro - ha detto Gabriele Albertini scoprendo un cippo in sua memoria - accetta questo dispetto dal sindaco che, a suo tempo, avevi dichiarato di aver scelto perche' antipatico'.





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miércoles, octubre 16, 2002 :::
 
Al Premio Giardini di Hanbury un omaggio a Biamonti


Fuente:: La nazione.
Fecha: 2-7-02
http://lanazione.quotidiano.net/chan/8/19:3505570:/2002/07/08

Con un omaggio allo scrittore Francesco Biamonti, scomparso nel 2001, si è conclusa nella suggestiva cornice di villa Hanbury, a La Mortola (Ventimiglia) la decima edizione del “Premio Giardini Botanici Hanbury”, che vuole promuovere la cultura dei fiori e del paesaggio, segnalando testi di architettura, botanica, fotografia e creatività, dedicati allo spirito della natura, alla letteratura dei gardini intesa anche in senso ideale come metafora della vita. Per i libri di narrativa o di creatività in cui prevalga il sentimento dell'ambiente e della natura hanno vinto Giuliano Scabia con Lettere a un lupo e Stefano Zecchi con Fedeltà. Per la sezione dedicata ai libri di botanica o architettura riguardanti la cultura dei giardini e dei fiori, Paolo D'Angelo con Estetica della natura, bellezza naturale, paesaggio, arte ambientale Raffaele Milani con L'arte del paesaggio. Per la storia del giardino e del paesaggio mediterraneo è stato invece premiato Biagio Guccione per Parchi e giardini contemporanei. Cenni sullo specifico paesaggistico.





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Un premio in ricordo del grande Biamonti
«Villa Hanbury» e lo scrittore ligure

Fuente:Gazzetta del mezzogiorno
Fecha: 8-7-02

VENTIMIGLIA (IMPERIA) Una sezione del Premio Villa Hanbury dedicata a Francesco Biamonti. È la proposta presentata l'altra sera dall'assessore alla Cultura della Regione Liguria Nucci Novi Ceppellini, con un intervento al convegno promosso con il Premio Grinzane nello splendido giardino botanico della Mortola, a Ventimiglia. «Francesco Biamonti lo avevo incontrato per la prima volta in questa sala – ha affermato –, lo ricordo affaticato ma lucidissimo nel riflettere sui temi a lui più cari, tra letteratura e le proprie radici. Un grandissimo scrittore, una bandiera e un uomo di cultura di questa nostra Liguria racchiusa fra mare e collina, una Liguria di frontiera, dell'estremo Ponente, che Biamonti nei suoi libri ha saputo raccontare e romanzare con grande passione e lirismo, trasmettendo al lettore profumi, il rumore del vento e delle onde, con una bravura assoluta».


«Mi colpì molto in quella occasione – ha aggiunto l'assessore – l'interessante intervento di Biamonti sul "paesaggio perduto" conosciuto dalle diverse generazioni, una sorta di Eden, raccontava, che gli uomini e soprattutto gli scrittori hanno bisogno di ricostruire, sia pure solo immaginandolo mentalmente. Dopo Calvino, tocca a lui, oggi, lasciare un grande vuoto nella cultura». «Io credo - ha concluso Nucci Novi Ceppellini - che il Premio Villa Hanbury, dopo l'omaggio che gli ha fatto, possa rinnovare ogni anno il suo ricordo con una sezione del Premio dedicata a lui e ai giovani scrittori e saggisti che con la stessa sua voce appassionata racconteranno la Liguria in un libro o in saggio».





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UN MANIFESTO PER IL VERDE/ 1

Fuente: Il matino on line
Fecha: 30-6-02
Autor:Maurizio Fraissinet
Lugar de referencia: Nápoles


L'ormai periodico allarme inquinamento - acuito dall’afa - che interessa le città italiane allorquando si trovano in condizioni climatiche di permanente alta pressione, e che non risparmia affatto Napoli, viene affrontato dalle istituzioni in differenti maniere, tutte più o meno dettate da motivi di carattere tecnico e sanitario. Le soluzioni spesso, purtroppo, sono solo interventi di tipo immediato ma non vanno all'origine del problema, difficile da affrontare perché richiederebbe un cambio drastico dei sistemi di trasporto, delle abitudini lavorative, ecc. Ma esiste una soluzione, invece, assolutamente priva di impatto sociale e duratura nel tempo, che non viene ancora affrontata e che pure sarebbe necessaria, oltre che estremamente utile. È ormai noto che un albero con una superficie fogliare di 7.000 metri quadrati assorbe, nel corso di un'ora, 2,5 chilogrammi di anidride carbonica contenuti in 4.800 metri cubi di aria, e libera 1,7 chilogrammi di ossigeno nell'atmosfera, coprendo così i bisogni di 10 abitanti di una città. Non solo, nel corso della vita (circa un centinaio di anni), questo albero pulirà un volume di aria pari a quello di 80.000 case unifamiliari con cubatura media di 500 metri cubi, cioè circa 40 milioni di metri cubi di aria.



Sono cifre impressionanti, che rendono bene l'idea della funzione igienica, sanitaria, ecologica, fonoassorbente, oltre che climatica (contro il surriscaldamento del microclima), ricreativa e paesaggistica, che svolgono gli alberi nei centri urbani. Eppure, quando si parla di inquinamento atmosferico delle città, non si sente mai parlare anche di progetti e operazioni per l'incremento della dotazione di alberi di alto fusto del territorio urbano. A Napoli, nel corso degli ultimi anni sono stati compiuti grossi sforzi per realizzare nuove aree verdi in diversi punti della città, e la dotazione arborea in termini di parchi e giardini pubblici è molto migliorata. Non la si può considerare però sufficiente, anche perché è possibile aumentarla agendo soprattutto sulle alberature stradali, sulle alberature delle aiuole, dei tanti spazi abbandonati delle periferie, delle aree di pertinenza delle scuole, degli ospedali, e così via. Basterebbe guardarsi un po' intorno, magari camminando a piedi, per scoprire un'infinità di spazi vuoti dove andrebbe bene la collocazione di un albero.



Conversando di recente con l'amico Casimiro Monti, assessore comunale al ramo, si discuteva delle difficoltà economiche ad affrontare l'esecuzione, oltre alla progettazione, di un massiccio piano di piantumazione di alberi in città. Premesso che l'impianto di alberi dovrebbe avere in qualsiasi città, e con qualsiasi tipo di amministrazione, priorità nella ripartizione delle risorse di bilancio, si può trovare a mio avviso una soluzione a questo problema. Sarebbe opportuno lanciare una campagna comunale, chiamata magari «Rimboschiamo la città» (come suggeriva il WWF Campania anni orsono), che illustri i vantaggi della piantumazione di un albero e indichi le essenze idonee per le varie tipologie urbanistiche e territoriali della città. Per la parte relativa alle strade, aiuole, aree di pertinenza scolastica, suoli comunali, si potrebbe ricorrere all'avvio di una grande operazione di sottoscrizione. Il Comune di Napoli potrebbe aprirla con il deposito di una somma e farsi garante dell'accantonamento delle quote versate liberamente dai cittadini di Napoli, ma anche dalle imprese commerciali, che, in tal modo, diverrebbero autentici proprietari degli alberi che si andranno a comprare.



L'avvio della sottoscrizione, oltre a dotare le casse del Comune di una risorsa aggiuntiva per un bene di grande valore ecologico e sanitario, servirebbe anche, nella sua originalità, ad avviare un processo di sensibilizzazione e di coinvolgimento della popolazione su di un'iniziativa di grande valenza anche sociologica, oltre che culturale. Si potrebbe innescare infatti anche un processo di coinvolgimento dei cittadini nei confronti di un bene pubblico. L'iniziativa della sottoscrizione potrebbe anche innescare meccanismi positivi di ricaduta a cascata: donazioni da parte di imprese commerciali (adeguatamente divulgate), iniziative di piantumazione da parte di privati su propri suoli (parcheggi condominiali, ma anche di supermercati, ecc.)...



Certo, si può obiettare che i cittadini sono già impegnati nel versamento dei tributi e che da questi si aspettano i servizi derivanti dalla spesa del bilancio comunale. È vero, ma è anche vero che le risorse a disposizione del Comune non sono ingenti e devono essere ripartite in diversi servizi essenziali, e che la formula della sottoscrizione volontaria può rappresentare davvero un bell'esempio di partecipazione spontanea alla costruzione «della casa comune», in grado probabilmente anche di far crescere il senso civico e la voglia di partecipare dei cittadini. Perché non ci proviamo?





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UN MANIFESTO PER IL VERDE/ 2

Fuente: Il mattino on line
Fecha: 1-7-02
Autora: Donatella Trotta



Una sottoscrizione volontaria per accrescere il verde pubblico in città. Con l’obiettivo di combattere l’emergenza inquinamento, migliorare la qualità della vita urbana e innalzare i livelli di salute dei suoi abitanti. Fa discutere (cfr. l’intervento qui a fianco) la proposta lanciata ieri, sul «Mattino», dal professor Maurizio Fraissinet, preoccupato dell’insufficienza della dotazione arborea a Napoli, malgrado le piccole grandi conquiste già ottenute (un fiore - è il caso di dire - all’occhiello per tutti: la recente inaugurazione del rinnovato Parco Virgiliano). Il dibattito sulla sostenibilità urbana è del resto uno dei grandi temi che da un buon decennio, dal summit di Rio de Janeiro, appassiona sempre più studiosi, urbanisti, amministratori pubblici e semplici cittadini. Dal globale al locale: intrecciati, nelle sperimentazioni più riuscite, in un’ottica glocally correct. Come quella che ha permeato nei giorni scorsi, proprio a Napoli, il premio internazionale Dubai per le best practices urbane, assegnato alle dieci migliori esperienze metropolitane.



In vista del nuovo summit di Johannesburg, ne parliamo con Maria Luisa Margiotta, architetto paesaggista, docente a contratto di Storia del giardino e del paesaggio alla Seconda Università di Napoli «Luigi Vanvitelli», autrice di numerosi saggi specialistici ma anche responsabile, in prima persona, di progetti di restauro di giardini storici, tra i quali l’agrumeto del chiostro dei Girolamini, da lei curato nel 1995, e il parco di San Giovanni a Carbonara, inaugurato - su suo progetto esecutivo - l’anno scorso. Margiotta, come valuta, in tale contesto, la situazione napoletana? La studiosa parte da una precisazione: «Si parla sempre - osserva - di verde in termini di grandi parchi, o di alberature, ma spesso non si considera che esistono anche altri approcci al problema. Quello ambientalista, per esempio, tende a privilegiare l’aspetto macroscopico, rispetto all’ecosistema, nel quale l’albero diventa allora una sorta di feticcio autonomo, quasi avulso dal contesto nel quale si colloca. Ma esiste anche una lettura più culturale, che tiene conto della natura antropizzata: dove il verde diventa elemento integrato nel paesaggio urbano, con il suo carico di storia».



Il che per la studiosa significa, in altre parole, tenere conto di tre fattori imprescindibili. Quali? «In primo luogo, la dislocazione ed estensione del verde: conta più una distribuzione equa, diffusa sulla superficie completa del territorio, che grandi macchie isolate di verde; in secondo luogo, è importante ragionare sulla qualità, le essenze e le funzioni del verde: gli spazi urbani, soprattutto in una grande città come Napoli, sono diversificati, stratificati di storia non soltanto urbana e architettonica; oltre alle alberature e ai parchi, occorrerebbe pensare a diffondere e/o ripristinare i piccoli giardini di quartiere, dal centro storico alla periferia». E il terzo fattore? «È conseguenziale: il recupero del sistema del verde storico», sottolinea Margiotta. Qualche esempio concreto? Il giardino del Convitto «Vittorio Emanuele II», o quello della scuola Bovio annessa a San Giovanni a Carbonara, per non parlare delle strutture conventuali, delle insulae claustrali del centro storico che, secondo Margiotta, una volta recuperate potrebbero essere date in comodato per la fruizione pubblica: «La scuola Bovio - aggiunge - ha un precedente illuminante per le ricadute pedagogiche che l’attenzione alle piccole ”stanze della natura” potrebbe avere. Agli inizi del ’900, il giardino di San Giovanni a Carbonara ospitava una piccola ”scuola all’aperto” per bambini poveri e ammalati, che dall’educazione a contatto con piante, fiori e alberi traevano grande giovamento».



Piccolo è bello, si potrebbe insomma parafrasare, anche quando si parla di «hortus conclusus»? «I piccoli giardini di quartiere - replica Margiotta - sono un obiettivo che può rendere molte aree altrettante oasi, con un triplice valore: quello di creare un sistema integrato del verde pubblico, anziché episodi sporadici o isolati, con un supporto ambientale anche alle alberature; quello di un recupero culturale significativo e, last but not least, quello di realizzare un importante strumento didattico, per educare i bambini (cioè il futuro) al contatto e al rispetto della natura». E il problema dei fondi? Quali soluzioni concrete suggerisce? «I restauri dei piccoli giardini hanno tra l’altro il vantaggio di non essere costosissimi; si potrebbe ipotizzare una quota fissa e inalienabile nel bilancio comunale a questo fine, da integrare con una programmazione più ampia, che travalichi le risorse municipali attingendo ad esempio ai finanziamenti regionali ed europei, o a sistemi di collaborazione pubblico-privato altrove già sperimentati con successo: come a Milano, dove l’operazione ”Global service” ha stanziato tra il 2000 e il 2002 125 miliardi di vecchie lire per 13 milioni di mq da gestire».




::: Noticia generada a las 8:45 PM


 
Turismo, boom delle guide insolite
Dai “fantasmi” ai castelli, ai ristoranti. C’è un “book” per soddisfare ogni esigenza

Fuente:Giornaledicalabria.it
Fecha: 28-6-02
http://www.giornaledicalabria.it/index.php?categoria=F&id=5457&action=mostra_primopiano




::: Noticia generada a las 8:21 PM


 
In un video, natura, arte e storia si intrecciano nelle proprietà del affidate Fondo per l’ambiente italiano. Ville, castelli, abbazie e l'ultima arrivata, la baia di Ieranto

Fuente:LA REPUBLICA OF THE ARTS
Fecha: 15-6-02
http://www.repubblicarts.repubblica.it/reparts/ita/newsdett.jsp?idContent=238041&idCategory=1806
Lugar de referencia: Italia en general






















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Roma, il giardino di Villa Medici in restauro
L’architetto dei giardini monumentali Galletti descrive gli interventi in corso e in programma

Fuente: Kataweb.it
Fecha: 4-6-02
Autor:Stefano Miliani

ROMA - Il giardino di Villa Medici a Roma è, almeno nel piazzale sul retro dell’edificio, sottosopra. Perché è in restauro. L’intervento è affidato a un architetto che vanta una lunga e complessa esperienza negli spazi verdi monumentali e filologicamente assai attrezzato: Giorgio Galletti, già della soprintendenza ai Beni ambientali e architettonici di Firenze, dove si è occupato dei giardini di Boboli, delle ville medicee di Castello, della Petraia. Pochi mesi ha deciso di lasciare il posto di lavoro e tentare la libera professione. A settembre ha presentato un progetto per, appunto, il verde dell’Accademia di Francia, il progetto è stato approvato e già avviato.


”C’erano le siepi di bosso ripiantate negli anni ’70 quando il direttore era Balthus – racconta – che davano molti problemi: erano malate, non avevano mai attecchito veramente, si espandevano sui vialetti, avevano fagocitato le statue delle Erme”. Andavano ripiantate. Come? “Seguiremo il disegno rinascimentale di Ferdinando de’ Medici lasciando l’ingentilimento settecentesco con i quarti di cerchio al suolo introdotti nel 1760 dall’architetto Antonio Asprucci sotto Pietro Leopoldo di Lorena”. Lo spazio dei vialetti si allarga e il bosso, spiega Galletti, viene “da vivai con varietà antiche”. Per settembre il lavoro sarà grosso modo completato.



L’architetto del verde ricorda che un problema serio resta quello dei pini, seriamente malati. “È necessario un rinnovamento attraverso una sostituzione graduale, stanno morendo, ma ci vorranno 30-40 anni”, dice. Altri interventi interessano la Ragnaia fiorentina, “una zona ora degradata”, la Montagnola del Parnaso, il cosiddetto ‘giardino segreto’. Resta al momento in sospeso la decisione sul piazzale sul retro della villa: un prato oppure “un battuto all’antica con tufo, pozzolana, tritume di mattoni e basalto”. Al riguardo, conclude Galletti, deve pronunciarsi un comitato.





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Quirinale, inaugura il restauro della residenza presidenziale

Fuente: Il Tempo
Fecha:2-6-02
Lugar de referencia: Roma


Esisono luoghi - pochissimi, a dir la verità - che esercitano un'irresistibile attrazione magnetica, amena e misteriosa, tale da soggiogare dolcemente uomini e donne di tutte le epoche, dai più umili ai più potenti , cioè coloro che poi scelgono l'eletto sito come propria fastosa dimora e sede di rappresentanza. È qui che si percepisce la materializzazione del concetto di Storia come stratificazione e continuità di eventi ed esperienze. E ciò è appunto, a Roma, quello che avviene sul Colle del Quirinale, il più alto e settentrionale della Città Eterna. Quello che in età repubblicana i Romani definivano semplicemente «collis», il colle, senza ulteriori specificazioni.



Nel corso dei secoli questo luogo mirabile è stato coronato da un meraviglioso fiore architettonico, il Palazzo del Quirinale, un tempo noto come Palazzo di Montecavallo, dalle antiche statue dei Dioscuri che dominano il centro della piazza antistante: edificio del Potere per eccellenza, prima dei Papi, poi dell'inarrestabile invasore Napoleone che mai vi soggiornò, quindi dei Savoia, e infine, dal 1948, del Presidente della Repubblica italiana.



Ma forse mai come ora il Quirinale apparirà veramente come la luminosa cittadella in cui si incontrano la potestà dello Stato e la libertà democratica della gente, senza troppe barriere o formalità . Sì, perchè per la Festa della Repubblica del 2 giugno, verrà inaugurato ufficialmente il fondamentale restauro della residenza presidenziale e saranno aperti a tutti i rigogliosi giardini, vasti quattro ettari. Ma non solo questo, giacchè il Quirinale, nelle intenzioni del Presidente Ciampi, deve diventare anche la Casa della cultura europea: così nella Sala delle Bandiere, fino al 30 giugno, sarà eccezionalmente esposto un capolavoro di Giotto, padre della lingua pittorica italiana, ovvero il «Padre Eterno» dipinto sull'anta lignea della finestra che si apriva sulla sommità dell'arco trionfale della Cappella degli Scrovegni a Padova. L'opera, così come gli straordinari affreschi giotteschi, è stata restaurata ed ora giunge a Roma quale simbolo emblematico della continuità che lega i tempi antichi ai moderni. E il 7 giugno, come ultimo fuoco d'artificio di una settimana di celebrazioni, si aprirà in Palazzo Fontana di Trevi una mostra dedicata all'immagine e alla storia del Palazzo del Quirinale dal Cinquecento all'Ottocento.


Tutti coloro che hanno ancora negli occhi il precedente color giallo ocra del Quirinale resteranno sorpresi ed abbagliati dalla novità attuale: la residenza presidenziale è stata riportata al suo originario bianco, quello che un tempo si definiva "color di pietra", in sostanziale armonia anche con i maestosi palazzi circostanti. Quando infatti furono edificati i vari nuclei del Palazzo, fra fine del Cinquecento e metà del Seicento, il perenne mito di riferimento era la marmorea Roma augustea. Gli edifici importanti avrebbero dovuto essere costruiti solo in pietra o marmo ma tali materiali erano troppo costosi per essere utilizzati in abbondanza: così il Quirinale venne dipinto con una sorta di deciso e luminoso coloro travertino che dava l'illusione dello splendore marmoreo.



È quel «nuovo colore antico» ora ripristinato ed esaltato dallo stesso Presidente Ciampi. Risalendo a ritroso nel vortice della Storia va ricordato che sul Colle si stabilirono i Sabini di Tito Tazio e che poi i romani eressero terme, tempi e ninfei. Nel Rinascimento il Quirinale fu ammantato da vigne e ville ricche di statue, con un'irripetibile fusione di giardini all'italiana e straordinarie sculture antiche. E qui, con somma lungimiranza, Ippolito d'Este volle appunto la propria meravigliosa dimora. Gli stessi Pontefici godevano in estate dell'oasi di fresco offerta dalla vigna del Quirinale finchè, alla fine del Cinquecento, Papa Gregorio XIII non incaricò l'architetto Ottavio Mazzarino di costruire qui una villa, primo nucleo del futuro palazzo. Siamo nel 1583. Da qui inizia una sorta di staffetta fra Pontefici per rendere sempre più maestoso ed importante il cuore architettonico del Colle.



Quattro anni più tardi Papa Sisto V acquistò tutta la vigna e diede ordine a Giovanni Fontana di ingrandire la villa del Mascarino con una lunga ala porticata che arrivava fino alla strada Pia, l'attuale via del Quirinale. Pochi anni dopo Paolo V Borghese incaricò l'architetto Flaminio Ponzio di dare una regolarizzazione alla struttura voluta da Sisto V e di costruire l'ala del palazzo verso i giardini e lo scalone d'onore. Un grandissimo architetto come Carlo Maderno edificò invece la Chiesa di palazzo detta Cappella Paolina, delle stesse dimensioni della Cappella Sistina.



E si giunge così al 1618. Lungo il Seicento e il Settecento il Palazzo viene finito e fortificato: il vulcanico Gian Lorenzo Bernini disegna la Loggia delle Benedizioni sopra la facciata principale e la cosiddetta Manica Lunga, poi completata nel Settecento, mentre Ferdinando Fuga ed Alessandro Specchi sistemano la piazza e i giardini. Sarà la maestosa Reggia dei Pontefici per due secoli. Nel 1809, con l'invasione dei francesi, il Quirinale diviene per breve tempo la residenza nominale di un Imperatore, Napoleone, che mai vi si stabilì, per poi tornare ad essere sede papale nel 1814 e fino al 1870 quando, dopo la Breccia di Porta Pia, si trasforma nella residenza della famiglia reale dei Savoia. I piemontesi, per arredare un palazzo ritenuto troppo austero, crearono sontuosi saloni da festa e spogliarono le regge di Parma degli straordinari mobili francesi rococò scelti dalla figlia di Luigi XV, che aveva regnato sul ducato di Parma e Piacenza.



E così, oggi, il Palazzo del Quirinale è l'edificio più ricco di arti decorative dell'intera penisola. Una nuova storia, tuttora in corso, inizierà poi con il referundum istituzionale del 1946, quando l'Italia sceglierà la Repubblica. Dal 1948 la sede della Presidenza della Repubblica verrà definitivamente ubicata al Quirinale. Ed ora quella che a metà Ottocento Lady Morgan definì una «grandiosa città fornita di tetto» offre la sua intatta bellezza, illuminata di bianco, agli italiani e all'Europa. È il grande passo verso un futuro dal cuore antico.



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lunes, octubre 14, 2002 :::
 
Il Vignola a Parma
Il 2002 l'anno di Jacopo Barozzi

Fuente: Gazzetta di Parma
Fecha: 27-5-02
Autor: Gianni Capelli

La città di Vignola, che ha dato i natali a Jacopo Barozzi (1507-1573) si è assunto l'impegno, come già nel 1973, dell'allestimento di una importante mostra dedicata al suo grande figlio.


Nell'ampio ventaglio dei rapporti tra il Vignola e la casa Farnese, non sono secondari i contatti intrapresi a Parma dall'architetto emiliano con gli esponenti del casato. Rimasta senza esito nel 1546 una raccomandazione proveniente da Roma per far conoscere il Vignola al duca di Parma Pier Luigi, il maestro sarà chiamato espressamente dal cardinale Alessandro nel 1559 durante la ducea di Ottavio. Su richiesta dello stesso porporato gli Anziani di Parma accompagneranno il Vignola a visitare alcuni importanti siti minati da segni di degrado all'interno e all'esterno dell'area urbana di Parma. L'«ingignere» espresse parere favorevole per la sistemazione del Naviglio e stese inoltre una perizia sul «ponte della preda» consigliando opere di rinforzo. Salito sulla torre del Comune, forse già allora staticamente instabile, ebbe l'accortezza di fornire il disegno di una loggia concepita in modo da consolidare la struttura mediante l'impiego di contrafforti.




Se avessero ascoltato il Maestro, forse l'altissimo stelo di pietra che sovrastava tutti gli edifici della città non sarebbe crollato nel 1606 seminando lutti e rovine.




La presenza a Parma del Vignola avviene in un periodo di intensa attività al servizio dei Farnese che lo impegnano a Caprarola nella costruzione della nota villa e a Piacenza per innalzare il Palazzo Farnese, quindi nell'arco di tempo compreso tra il 1559 e il 1564.




Per quanto riguarda la progettazione del Giardino ducale, l'attribuzione del Vignola è fondata su fatti che consentono di rendere probante la sua effettiva primogenitura. L'architetto è presente a Parma quando nel marzo 1559 la camera ducale acquista il casino di Eucherio Sanvitale con gli orti annessi, preludio alla realizzazione del Giardino. Poco dopo, e precisamente nel maggio iniziano i lavori in concomitanza con la realizzazione del Palazzo, anche questo attribuibile al maestro per l'impronta «vignolesca» del blocco murario. E' accertato che l'architetto soggiornò a Parma negli anni 1560-61 e si allontanò dalla città nel maggio del '61, lasciando probabilmente la soprintendenza a Gian Francesco Testa. Purtroppo mancano i disegni che arricchirebbero il patrimonio progettuale dell'insigne maestro emiliano.




L'impianto planimetrico del Giardino ducale, per quanto riguarda la sistemazione a verde, è rintracciabile nella veduta dipinta nella sala d'Ercole della Villa Farnese di Caprarola databile alla fine del 1573 in base alla tavola tracciata da Paolo Ponzoni nel 1570. Sia nell'una che nell'altra risultano comprese aree che potremmo definire di «completamento» di ciò che completo non era. La planimetria inserita nel rilevamento della città di Parma, disegnata da Smeraldo Smeraldi nel 1592, consente di verificare la configurazione del Giardino nei tratti essenziali definiti sino a quel momento.




Tornando all'attività del Vignola, che attraversa la seconda metà del Cinquecento, gli spunti critici, mancano di interpretazioni concordi. E' certo che è incluso tra i protagonisti del periodo di transizione fra Manierismo e Barocco e che l'Europa conobbe la «Regola delli cinque ordini dell'Architettura» (1562), trattato tra i più popolari del tempo.




La città di Vignola gli ha dedicato una grande mostra, mentre la sua attività di trattatista ed il rapporto con la casa Farnese è stato approfondito in un convegno internazionale di studi tenuto a Piacenza. La mostra ospitata nel Palazzo Contrari Boncompagni di Vignola avrà termine il 7 luglio 2002.





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FLORA E PRIAPO A VILLA BORGHESE, MA SONO COPIE DIGITALI

Fuente: ANSA
Fecha:17-5-02
Lugar de referencia: Roma


ROMA - Tornano le imponenti statue di Flora e Priapo nel parco di Villa Borghese. Cariche di fiori e frutta, le due opere non sono pero' quelle originali scolpite dal Bernini, bensi' delle copie, dei cloni realizzati con avanzatissime tecnologie digitali grazie alle competenze dell'Istituto centrale del restauro. La ricollocazione delle statue e' stata fissata per il 20 maggio, nell'ambito delle celebrazioni per il centenario dell'acquisizione della Galleria Borghese da parte dello Stato e rientra nel progetto di ricostruzione dell'originario complesso monumentale, alterato nel corso dei secoli dalle vicende storiche (vendite e smembramenti delle collezioni). Flora e Priapo sono state le prime opere che il cardinale Scipione Borghese commissiono' a Gian Lorenzo Bernini e dunque rappresentano l'avvio di una collaborazione artistica che cambio' il volto di Roma (e non solo) con lo stile barocco. Per la loro bellezza e monumentalita', il cardinale pose le statue proprio all'ingresso di Villa Borghese, ma, con la dispersione delle collezioni, lasciarono l'Italia fin dall''800 per attraversare l'oceano. Adesso sono custodite al Metropolitan Museum of Art di New York, con la cui collaborazione la Galleria Borghese ha messo a punto questa complessa operazione per creare le copie digitali (grazie anche al rilevante sostegno della Fondazione dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino). E' infatti la prima volta che si sono potute sperimentare le tecnologie digitali di scansione laser su statue di queste dimensioni, superando una serie di problemi che fino ad oggi ha reso difficile la perfetta ricostruzione tridimensionale. Grazie soprattutto alla possibilita', sperimentata di recente, di abbinare i procedimenti tecnologici di scansione a nuovi sistemi di algoritmi, con cui si riesce a definire con maggiore accuratezza la forma esterna e le caratteristiche di superficie. Queste tecnologie sono le stesse che potrebbero riprodurre i Buddha distrutti in Afganistan e che sono usate dalla Paul Allen Foundation (Microsoft) per creare delle copie-cloni dei capolavori di Michelangelo custoditi a Firenze. La Soprintendenza speciale per il Polo museale di Roma precisa pero' che non si tratta della messa a punto di una immagine-feticcio, bensi' ''il progetto ha come obiettivo la ricostruzione storica filologicamente corretta delle opere e che la tecnologia, di per se' importantissima, deve restare un mezzo e non un fine''. La ricollocazione di Flora e Priapo tra le dodici Erme con i canestri di frutta, che per fortuna non hanno mai lasciato il parco della Villa, sara' il momento culminante della ricostituzione di questo luogo straordinario e rientrera' nelle iniziative per riportare l'attenzione sul progetto 'Parco dei musei', che prevede il ripristino storico e filologico della dimora del cardinale Scipione.(ANSA).


17/05/2002 18:50

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Parma ha riaperto 'Il Giardino Rinnovato' del Parco Ducale, uno dei più belli d'Europa

Fuente: Museo online
Fecha 9-4-02
Autora: Carla Astengo


Più di nove i miliardi spesi, -sette dei quali messi a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Parma-, per mettere a nuovo il Parco Ducale di Parma che dal 9 aprile 2002, data dell'inaugurazione ufficiale, è di nuovo aperto al pubblico, a conclusione di una opera di restauro da annoverarsi, per importanza, impegno e dimensione, tra i più significativi interventi degli ultimi anni sui 'Monumenti Verdi' in Europa. 460 i nuovi alberi piantati, 180 quelli abbattuti perché irrecuperabili, 600 i platani e gli ippocastani curati con 'flebo' contro i lepidotteri, circa 6.000 le nuove piante di carpino e acero campestre piantate per ricomporre più di 6 chilometri di siepi, 26mila i metri quadri di nuovo prato e 45mila di prato rigenerato oltre ai 5.374 metri quadri di prato all'inglese. In più una nuova illuminazione, con oltre 160 lampioni (su disegno antico) installati in tutto il Parco, concepita in funzione della valorizzazione delle statue e di alcuni alberi monumentali grazie a fasci di luce dal suolo; e ancora strade di servizio, impianti d'irrigazione e deflusso delle acque, una pista ciclabile asfaltata che collega tutte le entrate, ricostituzione dei viali scomparsi e recupero degli straordinari edifici storici compresi nell'area del Parco, dalle Serre Comunali e degli Aranci, al prezioso Palazzetto Eucherio Sanvitale, al Tempietto d'Arcadia, tutti restaurati e resi funzionali quali sedi di attività di servizio o manifestazioni. Restaurati anche statue, vasi, piedistalli e ,dove necessario, sostituiti con copie. Il progetto di questo non facile insieme d'interventi di 'messa a nuovo' porta la 'firma' dall'architetto Massimo Iori del Comune di Parma con la collaborazione dell'architetto Paola Cavallini. Al loro fianco hanno lavorato, per la parte botanica, l'Università di Parma, l'Ufficio Verde Pubblico del Comune, l'agronomo Laura Gatti e la società Demetra; la consulenza storica è stata assicurata dall'Ufficio Patrimonio Artistico del Comune di Parma e dall'architetto Carlo Mambriani, consulente della Fondazione Cariparma. In Europa i giardini alla francese nel cuore della città sono pochissimi e quello di Parma è senz'altro uno dei più belli e documentati. Il suo impianto, progettato oltre duecento anni fa per i Duchi Borbone Parma da Ennemond Alexandre Petitot, è rimasto quasi inalterato fino ad ora. La limpidezza del disegno, la sua proporzione ed armonia, rischiavano però di perdersi per sempre, a causa del degrado degli ultimi decenni. Triplice l'obiettivo del progetto di restauro di cui è stata interessata l'intera superficie del Parco, concepita come zona riservata al passeggio pedonale nel cuore della città: · ripristinare il disegno tracciato dal Petitot, corrotto dalla crescita incontrollata del verde e dall'incuria; · sistemare il verde abbattendo alberi pericolanti, curando quelli malati e mettendo a dimora nuove piante; · rendere fruibile, secondo le esigenze di oggi ma nel rispetto dovuto alla storia, il Parco Ducale che è il principale polmone verde del centro storico di Parma. Grazie alla somma di tutti questi interventi, lo splendido gioiello, preziosa area verde della città, è stato recuperato alla 'dignità ducale'.



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Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il 2002 assegnato ai Giardini del Castello di Praga

Fuente: Il gionale de Vicenza
Fecha : 9-5-02

Sabato 11 maggio alle ore 17, a Treviso, (Auditorium Pio X, Borgo Cavour 40), si svolgerà la cerimonia pubblica della tredicesima edizione del "Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino", promosso dalla Fondazione Benetton studi ricerche. La giuria internazionale composta da Sven-Ingvar Andersson, Carmen Añon, Domenico Luciani (coordinatore), Monique Mosser, Ippolito Pizzetti, Lionello Puppi (presidente), attribuisce annualmente il premio a un luogo denso di natura e memoria, con caratteristiche esemplari nella sua concezione e nel suo governo. Nella coscienza che non esiste più una natura naturale e nel tentativo di occupare lo spazio vuoto fra il sapere e il saper fare, il premio si propone di contribuire a elevare e diffondere la cultura del "governo del paesaggio": un’antropologia del paesaggio; una sinergia tra estetica, ecologia e amministrazione. «Un luogo - spiega Domenico Luciani, direttore della Fondazione Benetton studi ricerche - occupa uno spazio, ha un sito e una postura. Luogo è forma e vita, soggetto a modificazioni e individualità. Individualità, tempora- lità e commensurabilità spaziale comportano una responsabilità da parte nostra e danno le condizioni per un possibile passaggio di valorizzazione, salvaguardia e tutela della identità del luogo. Ma nessun luogo può essere salvaguardato se non c’è una persona che vi si identifichi». Il premio segnala non tanto il talento dell’inventore del luogo, ma la sapienza e la continuità nel governo del luogo stesso, sapienza e continuità che riescono a far vivere nel tempo quella stessa invenzione, a ritrovarla, a rinnovarla facendola rimanere se stessa, in equilibrio tra innovazione e conservazione. Non a caso, il premio è intitolato a Carlo Scarpa (1906-1978) grande inventore di spazi aperti che ha vissuto intensamente il rapporto architettonico e paesaggistico fuori-dentro, ideando, tra gli altri, luoghi quali il giardino della Fondazione Querini Stampalia a Venezia e lo straordinario giardino-sepolcro Brion a San Vito d’Altivole, Treviso. Il premio è costituito da una campagna di attenzioni dalla pubblicazione di un dossier, dalla raccolta di materiali bibliografici e cartografici pertinenti, dall’erogazione di un contributo finanziario di 16.000 euro e dall’organizzazione della cerimonia pubblica. Il riconoscimento simbolico è costituito da un sigillo, disegnato da Carlo Scarpa proprio per il sepolcro Brion (ottone brunito, mm 83x35x15). Sul fondo è inciso il nome del luogo designato dalla giuria; il sigillo viene conferito alla persona o alla istituzione responsabile del suo governo. La giuria internazionale ha scelto per la tredicesima edizione del premio i Giardini del Castello di Praga. I giardini sono stati disegnati tra il 1920 e il 1935 dal famoso architetto Joze Plecnik (1872-1957) su commissione dell’allora presidente della Cecoslovacchia Tomàs Garrigue Masaryk (1850-1937). Il premio verrà consegnato dalla giuria ai rappresentanti dell’Amministrazione Zdenék Synàcek direttore del Castello di Praga, e Zdenék Lukes dell’Ufficio del presidente della Repubblica Ceca, Damjan Prelovsek, studioso di Plecnik illustrerà i giardini.




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Il giardino, paesaggio culturale
La Carta di Firenze ne ha fatto un vero e proprio monumento

Fuente:Giornale de Vicenza
Fecha:9-5-02
Autora:Federica Morello

Una recente pubblicazione, "Fitocronologia d’Italia", fornisce un excursus storico e un completo quadro conoscitivo

Storia, arte e immagine reale vivono e riecheggiano nel giardino e nel paesaggio come luogo della memoria, delle emozioni, del rinnovarsi ciclico della natura. L’impronta umana nel paesaggio, che da luogo incontaminato ed inospitale diventa rifugio ordinato e puro artificio, è sempre stata prerogativa e vanto dell’uomo, organizzatore dello spazio e giardiniere. Nel nostro territorio ville e giardini costituiscono un patrimonio prezioso, una testimonianza che trova ampi riscontri nella letteratura, nelle tradizioni, nell’immaginario popolare, proiettandoci nell’affascinante mondo del passato tra bellezza e superstizione.


Con l’approvazione della Carta di Firenze per il restauro dei giardini storici le Istituzioni li hanno riconosciuti veri e propri monumenti, fornendo regole specifiche per la loro salvaguardia. Dal 1981 si è allargato il concetto di giardino storico e lo si è associato a quello del paesaggio culturale: un’esigenza avvertita a livello internazionale, volta alla protezione e valorizzazione dell’ambiente che ci circonda. Una recente pubblicazione, Fitocronologia d’Italia , a cura di Federico Maniero, fornisce un excursus storico e un quadro conoscitivo del più tradizionale giardino all’italiana, introducendo parallelamente e motivando l’arrivo delle nuove specie vegetali e della loro fortuna. Il libro, edito da Leo S. Olschki, risulta un utile aggiornamento della benemerita Cronologia della Flora Italiana di Pier Andrea Saccardo, strumento fino ad oggi imprescindibile per lo studio della botanica storica, che vide tuttavia la luce nel lontano 1909.


Interventi mirati e filologici di ripristino dei più bei giardini del Vicentino, da quello di Villa Negri a Romano d’Ezzelino a quello di Montecchio Precalcino, partono proprio da studi conoscitivi di questo genere: l’autore segnala la presenza nel nostro Paese di 5.180 entità botaniche vive, non autoctone o di derivazione orticola, suddivise tra erbacee, arboree, arbustive e legnose.


La trattazione riguarda anche un certo numero di indigene, le più interessanti ai fini del restauro paesaggistico e del giardino storico in particolare: il ruolo di orti e broli nelle pertinenze delle ville venete di campagna è quindi associato per importanza culturale a quello dei giardini botanici, dei frutteti, dei chiostri e degli spazi verdi nei centri storici.


Il collezionismo botanico parte dal Duecento, ma solo nel XIV secolo inizia un’apprezzabile introduzione di nuove specie in Europa, influenzando le decorazioni floreali d’interni, delle aree cimiteriali e la costruzione di serre. Anche la pittura e le arti figurative risentirono profondamente dell’arredo dei giardini, il cui gusto ispirò fantasie e geometrie per la ben più popolare arte della ceramica, della tessitura delle stoffe, della manifattura di ventagli e mobilia.


Persino la raffinata signora, che entra in profumeria o in farmacia per scegliere fragranze e prodotti di bellezza, rivive con la moderna cosmetica gli antichi fasti del giardino: erbe, fiori e frutti esaltano con le loro essenze e le loro proprietà medicamentose benefiche l’arte del farsi belle. Magia, superstizione e un pizzico di malizia si respirano intorno al mistero del giardino, luogo di per sé ordinato, ma ancora avvolto dai vapori di una natura dapprima selvaggia e inospitale, resa amica dall’artificio dell’intervento umano.
I viaggi e la moda non sono stati gli unici fattori responsabili della proliferazione di alcune piante nel nostro ambiente: dagli aspetti più comuni della vita quotidiana fino all’introduzione di nuove applicazioni scientifiche come i sistemi di riscaldamento e di irrigazione, il parco ha costituito un motivo trainante anche dal punto di vista economico e sociale. Delle specie catalogate nel libro è pazientemente indicata la provenienza di ciascuna, da una più generale area geografica del mondo ad un più preciso ambito di riferimento nazionale e regionale.


Arazzi e dipinti testimoniano con fedeltà, che potremmo definire botanica più che storica e artistica, la particolare propensione del momento per quanto riguardava piante e fiori: se gli antichi giardini italiani erano realizzati con un numero limitato di specie e di varietà, soprattutto sempreverdi, soltanto negli spazi contigui e integrati con esso, magari nel frutteto e nel brolo familiare, comparivano le piante a foglia caduca. Queste ricoprivano perciò nei tempi più remoti un ruolo meno nobile ed ornamentale, ma senz’altro più utilitaristico, riferito alla tavola.


Bisogna poi considerare il fattore climatico, che creava dei distinguo molto marcati nella fisionomia dei giardini soprattutto in Italia, tra le zone settentrionali, quelle meridionali e quelle costiere più temperate. Anche il cromatismo regionale risultava alquanto vario e gli effetti sul paesaggio si osservano ancor oggi: bianco e verde i colori che più si addicevano alla moda dei tempi remoti, con una particolare predilezione per il rosso come varietà più vivace per alberi e arbusti. La fortuna del giallo e dell’arancione come colori autunnali, soprattutto legati alla presenza delle piante a foglia caduca, è molto recente: la nostra cultura ha sempre associato al giallo i significati negativi di gelosia e di pazzia, che tuttavia ancor oggi sopravvivono come motivi sbiaditi nell’immaginario e nei detti popolari.


Per tutto il Cinquecento e per il Seicento la particolare predilezione dei pittori italiani per i fiori doppi e in seguito screziati e variopinti, metteva in risalto, d’altro canto, la semplicità dei fiori bianchi di melo, a petalo unico, spesso raffigurati dai fiamminghi. Blu, azzurro e celeste per i fiori ebbero una fortuna limitata e tardiva, vista l’esiguità di specie autoctone disponibili e la congiunta piccolezza della corolla.


Ma ci pensò poi la moda cino-giapponese a portare in Italia il glauco, il turchino, l’oro e il marrone: varietà e incroci, che proiettano il giardino dalla dimensione naturale a quella della finzione più squisita, di letteraria memoria.







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Il giardino delle letture nella Sormani oper air
Orticola finanzia il restauro del parco della biblioteca

Fuente: ?
Fecha:9-5-02
Autora: Teresa Monestiroli
Lugar de referencia: Milan

Sarà un giardino per soli lettori, un posto romantico dove non saranno ben accetti né bambini né cani. «Me lo immagino come un luogo appartato e silenzioso, avvolto nel verde. Con un piccolo sentiero arzigogolato che lo attraversa... il sentiero della lettura. Vorrei restituire alla gente il piacere di passeggiare leggendo, gesto d'altri tempi quasi proibito in un mondo frenetico dove bisogna sempre prestare attenzione a dove si mettono i piedi».


La direttrice del settore Biblioteche del Comune, Stefania Jahier, da anni custodisce nel cuore questo sogno. Sogno che, grazie alla collaborazione di Orticola, presto diventerà realtà. «Restituiremo alla città uno dei suoi giardini storici, cercando di rievocare la magica atmosfera di un tempo». È il parco della biblioteca Sormani, progettato nel 1783 da Leopold Pollack, su richiesta dei Conti Andreani allora proprietari del Palazzo, che si nasconde dietro un muro di cinta di via Francesco Sforza e che pochi milanesi conoscono, visto che da anni ormai è chiuso al pubblico.


Il primo esperimento di riapertura è stato fatto l'estate scorsa quando la direttrice ha affisso sul cancello il cartello: "Giardino di lettura". «Solo per due mesi, per testare l'interesse dei cittadini. E devo dire che è stato un successo. La gente era entusiasta e il giardino non ha subito alcun danno». A realizzare il progetto sarà ora Orticola, la grande mostra mercato di fiori e piante da domani al 12 maggio (dalle 10 alle 19.30) ai Giardini Pubblici di via Palestro che, in cambio dell'ospitalità del Comune, devolverà tutto il ricavato nei lavori di restauro che partiranno il prossimo settembre. Restauro di cui Orticola stessa si farà carico e che riguarderà sia il verde che la struttura del parco, l'impianto di drenaggio dell'acqua e l'insonorizzare, almeno in parte, dell'area che si affaccia sulla trafficata circonvallazione interna.





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Quattro passi e un po' di svago nel «parco alto»
dove Alessandro Manzoni veniva a ritemprarsi


Fuente:il giorno.quotidiano.net
Fecha: 9-5-02
Autora: Barabara Caputo
Lugar de referencia: DARFO BOARIO TERME - Bergamo

Alessandro Manzoni, che per ritemprare il corpo e lo spirito era solito passare le acque a Boario Terme, lo aveva definito «il paradiso della Valle Camonica». Il «parco alto» delle terme, nascosto dai pini secolari che circondano le antiche fonti, tornerà all'originale splendore grazie alla Pro Loco di Darfo Boario Terme che, in collaborazione con l'amministrazione comunale, gestirà l'area verde per tutta la stagione termale. Oltre alla gestione quotidiana del bar interno al parco vecchio (che rimarrà aperto dalle 9 alle 24), verranno proposti momenti di intrattenimento, sport e spettacolo. «La filosofia - spiegano alla Pro Loco - sarà quella del relax a 360 gradi. Il parco alto delle terme ha una storia centenaria e merita il massimo rispetto. Alessandro Manzoni passeggiava lungo i sentieri interni cercando nella natura la giusta tranquillità. Noi faremo rivivere il parco in funzione degli ospiti delle terme che al relax potranno unire anche momenti di svago e cultura». Il parco alto farà così da cornice ad alcuni incontri culturali, il cui filo conduttore sarà proprio l'acqua. «L'immagine di Darfo Boario Terme - continuano - da sempre è legata all'acqua. La Pro Loco intende valorizzare quest'imprescindibile aspetto del turismo Camuno, troppo spesso penalizzato e dimenticato dai grandi tour operator». Tra il verde dei pini tanto amati dall'autore dei Promessi Sposi ci sarà spazio anche per i giovanissimi. «Il Circolo Giovanissimi - concludono - è da intendersi come un servizio alle famiglie della città che non hanno la possibilità di allontanarsi per le vacanze estive. I ragazzi, seguiti da insegnanti e animatrici, durante la mattinata potranno dedicarsi alle attività sportive e scolastiche, mentre nel pomeriggio svilupperanno la manualità e la creatività con attività teatrali, musicali e di disegno».



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Alla scoperta dell’arte del giardino

Fuente : Exibart (www.exibart.com)
Fecha: 19-4-02
Autora: Manuela Esposito
Lugar de referencia: Nápoles (Campania)

Apre oggi pomeriggio nella splendida cornice della Vaseria borbonica della Reggia di Caserta la seconda edizione di Boscarello, la prima mostra mercato del verde della Campania e del sud Italia...

Per tre giorni uno scenario incantevole, i giardini settecenteschi della Reggia di Caserta, ospiterà quaranta espositori nazionali selezionati dalla paesaggista Joan Tesei. Per la prima volta una mostra interamente dedicata al verde e all’arte del giardino nella città campana: fiori, essenze, bulbi e piante aromatiche, arredi antichi da giardino, libri, vasi, e tutto quello che occorre per vivere il verde. La manifestazione prevede una serie di mostre ed appuntamenti collaterali. Nella Casa del giardiniere la Soprintendenza architettonica ed ambientale di Caserta presenta la mostra fotografica sulla storia ed il restauro del Giardino Inglese. Fu la Regina di Napoli, Maria Carolina, nel 1786, ad affidare al giardiniere inglese John Andrew Graefer e all’architetto Carlo Vanvitelli il progetto di adeguamento dei 23 ettari di terra secondo la moda del giardino di paesaggio, che dall’Inghilterra si stava diffondendo in tutta Europa. Famosi sono i canali, le fontane, le finte rovine, le serre, i sentieri, ma protagoniste di questo scenario unico al mondo sono le piante provenienti da tutti i continenti. Nel 1876 si contavano 2500 specie esotiche, alcune delle quali si conservano ancora oggi intatte: il Taxodium mucronatum ten., il Liriodendron tulipifera Lin., il Laurus Canmphora Lin., il Platanua acerifolia Willd., la Camelia iaponica Lin..


La Real Serra Borbonica ospita invece le essenze scelte dal Catalogo delle Piante Moltiplicate e vendute nel Reale Giardino Inglese di Caserta, edito nel 1856, a cura del Vivaio Torsanlorenzo. Una selezione di piante rare quali: la Hovenia dulcis nota come l’albero Uvetta, l’Itea virginia un arbusto che produce dei racemi eretti di fiori color panna; il Callistemon salignus di origine australiana, l’Agapanthus africanus una bulbosa con fiori azzurri nota come il giacinto africano e introdotta in Europa nel 1679.


Durante la tre giorni non mancheranno incontri, conferenze e presentazioni di libri. Gianfranco Giustina, responsabile dei Giardini di Isola Madre, parlerà della relazione tra le piante di Caserta e di Isola Madre. Anna Peyron presenterà le rose antiche, clematidi e hydrangee del suo vivaio. Carlo Knight traccerà il percorso storico del Giardino Inglese di Caserta.
Boscarello non poteva trovare una collocazione migliore di quella del Bosco della Reggia, che dal momento della creazione è stata sia fonte di ispirazione di paesaggisti e giardinieri, sia luogo di studio e di osservazione diretta di una selezione di piante completa.

Un appuntamento che non si rivolge solo agli addetti ai lavori. Non è facile esprimere l’emozione e le sensazioni che si provano quando tanta natura ci circonda. Si potrebbe pensare alla tranquillità che sempre trasmette. Questo luogo è depositario di storia, di vicende di corte, di tradizioni. La vita è protagonista e ci coinvolge. Alberi, Piante e fiori nascono, crescono, si riproducono e muoiono. Un patrimonio che ci è stato tramandato così come lo hanno visto in passato; oggi siamo noi i protagonisti e difficilmente restiamo impassibili di fronte a tanta bellezza.



dal 19 al 21 aprile 2002
Boscarello alla Reggia di Caserta
La prima mostra mercato del verde della Campania e del sud Italia
Ideazione a cura di Mario e Giovanna Florena con Joan Tesei
orari: venerdì 19 dalle 14 alle 19 – sabato 20 e domenica dalle 10 alle 19
Segreteria organizzativa Meeting&Words infoline: 0823437898
Ufficio Stampa: sic press mob.3491949105-3473331576
Ingresso: 5 Euro



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jueves, octubre 10, 2002 :::
 
Bicentenario della morte di Petitot, i disegni della Fondazione
Cariparma in mostra da oggi
L'architetto innovatore Un grande artista europeo alla corte di Parma

Fuente:Gazzeta di Parma
Fecha: 27 (?) -4-02
Autor: Pier Paolo Mendogni
Lugar de referencia: Parma

Grande architetto, grandissimo disegnatore d'architettura Ennemond
Alexandre Petitot (1727 - 1801), elegante protagonista della stagione
dei lumi in cui la razionalità del pensiero si è imposta nella
filosofia, nella scienza e anche nelle espressioni d'arte, che hanno
guardato ai modelli più rigorosi dell'antichità classica.
I colori, però, almeno nel Settecento sono rimasti quelli teneri del
rococò col rosa pallido, l'avorio, il verdino, il giallo spento, che
l'acquerello rende ancora più tenui. E così gli ampi fogli progettuali
del Petitot al rigore minuzioso della descrizione tecnica accoppiano
spesso degli appropriati e raffinati inserimenti cromatici che ne fanno
delle tavole di accattivante fascino visivo col loro delicato abbraccio
tonale, estremamente piacevoli a guardarsi.
Una probante esemplificazione ci viene dalla mostra, curata da Giovanni
Godi e Corrado Mingardi, che si inaugura oggi alle 17 nei locali della
Fondazione Cassa di Risparmio di Parma (apertura fino al 30 giugno) e
che si inquadra nelle celebrazioni del secondo centenario della morte
dell'artista, che hanno visto la felice conclusione dell'eccezionale
operazione di recupero dell'immagine settecentesca del Parco Ducale e
vedono pure l'uscita di una ampia e documentata monografia di Giuseppe
Cirillo sull'architetto ducale.
Nella rassegna di Palazzo Bossi Bocchi - «E. A. Petitot nel bicentenario
della morte. I disegni nella collezione della Fondazione Cassa di
Risparmio di Parma» - vengono presentati settanta fogli appartenenti
alla stessa Fondazione che possiede la più vasta collezione di lavori
petitotiani, che si è ulteriormente arricchita grazie all'importante
donazione giunta dall'architetto Franco Carpanelli.
E l'esposizione di questi disegni, alcuni dei quali inediti, completa in
un certo senso la bella mostra su «Petitot un artista del Settecento
europeo a Parma», allestita in modo straordinario da Pier Luigi Pizzi
cinque anni or sono negli stessi locali.
Guardando le accattivanti tavole, disposte in ordine cronologico, si
ripercorre l'itinerario del Petitot giunto a Parma negli ultimi mesi del
1753 e nominato il 24 dicembre architetto dei Palazzi Reali. Era nato a
Lione ma gli elementi fondamentali d'architettura li aveva appresi a
Parigi da Denis Jossenay e a soli 18 anni vinceva il prestigioso
concorso del Grand Prix, che consentiva di accedere, spesato,
all'Accademia francese di Roma dove rimaneva dal '46 al '50. Al contatto
con le opere antiche ne assorbiva gli stilemi, che diventeranno una
sigla costante della sua architettura, pur non rinunciando per alcuni
anni, soprattutto nei disegni decorativi, a certa grazia leggiadra
rococò.
E l'esperienza romana è documentata nei due primi disegni, fortemente
chiaroscurati: la «copia di un rilievo dell'Arco di Costantino» e il
progetto di un fastoso «Monumento sepolcrale per un pontefice», dove
sopra la bara si staglia la grandiosa figura del Papa orante e, sotto,
un bassorilievo con episodi della sua vita.
Tornato a Parigi, eccolo progettare un «edificio nella campagna
francese» e una «fontana a muro con delfini». Nella capitale cerca di
imporre «il gusto greco con i contorni semplici ma nobili» appreso in
Italia e si fa notare come un giovane promettente.
Così quando il Du Tillot, allora intendente dei Reali Palazzi, inizia a
cercare a Parigi un architetto per la Corte parmense, riceve la
segnalazione di «un giovane, eccellente soggetto, che è stimato da
tutti, conosce la propria arte anche nella teoria e parla abbastanza
bene da poter insegnare». Si chiama Petitot, è «piccolo, benfatto,
biondissimo, molto fine», posato e si diletta a suonare.
Appena giunto a Parma viene investito del problema della sistemazione di
Colorno, che la duchessa Luisa Elisabetta intende trasformare in una
piccola Versailles. Così i suoi primi disegni parmigiani riguardano
l'appartamento della Duchessa nel Palazzo di Colorno, il giardino, la
grotta, la Veneria e l'utopica Cappella Ducale.
La pianta del vasto giardino colornese sorprende per la piacevole
disposizione delle verdi architetture, ma anche per i gradevoli
inserimenti cromatici e per quel perdersi intrigante delle geometrie
nell'improvvisazione naturalistica di un folto bosco spontaneo.
Anche Parma aveva il problema della risistemazione del Giardino ducale,
di cui si presentano due progetti: uno del '53 con il viale centrale
interrotto da varie aiuole, e un altro (1754-58) più vicino alla
realizzazione finale con la variante dell'Etoile congiunta al laghetto
da un viale diritto, che prevede ai lati simmetriche organizzazioni
dello spazio, animato da boschetti che formano piccoli salotti.
Le qualità di altissimo disegnatore spiccano brillantemente negli studi
per la decorazione a stucco della Sala Grande di Colorno coi rami
sottili che si innalzano leggeri trasformandosi in leggiadre volute di
foglie tra cui compaiono misteriosi volti femminili e vasi rigogliosi di
fiori.
All'inizio degli anni Sessanta l'attività si concentra su Parma: la
prima sintetica facciata della chiesa di San Pietro, che verrà poi
arricchita con le colonne binate e il solenne fastigio rettangolare con
le insegne papali così da reggere degnamente il confronto con gli altri
edifici della rinnovata Piazza Grande; il Casino, al termine dello
Stradone da lui delineato alla francese, con la Bottega del Caffè che,
secondo il progetto, avrebbe dovuto prolungarsi sulla sinistra con un
loggiato; un piacevole vaso destinato allo stesso Casino.
Sorprendenti appaiono i disegni tecnici che sono di una tale perfezione
geometrica, di un così calibrato rapporto tra le forme e i teneri
colori, inseriti e variati con straordinario gusto, da farne delle
autentiche opere d'arte come la bellissima «Macchina per tagliare i
marmi» e quel «Meccanismo idrostatico Egalité», suggestivo nella sua
architettura pittorica costruita con colori diversi che evidenziano le
varie parti e intrigante nel gioco sottile delle linee e dei numeri che
ne descrivono l'azione tecnica.
I più importanti eventi dinastici l'hanno visto impegnato a realizzare
apparati fastosi e solenni, quali l'addobbo del Duomo per le cerimonie
funebri in occasione della scomparsa del duca don Filippo di Borbone
(1765) e le spumeggianti feste nel Giardino ducale per le nozze di don
Ferdinando con l'austriaca Maria Amalia (1769). Al solo stadio di
progetto è rimasto il grandioso Palazzo Ducale, di cui si presenta la
«Pianta del primo piano» (1767) e che non verrà mai costruito.
Con la cacciata del primo ministro Du Tillot, inviso a Maria Amalia, si
è affievolita anche l'azione di rinnovamento urbanistico della città e
il Petitot, pressoché privato degli incarichi di Corte, ha limitato la
sua attività alle consulenze private e all'insegnamento accademico,
lasciando numerosi disegni di casini, edifici, teatri, che la mostra
documenta con ampiezza, aggiungendovi alcuni progetti inediti degni di
interesse.





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