Recortes de prensa y noticias de jardines (Sección fuera de España)  

Jardines de Italia


Portada de Ciberjob Historico de noticias de los Jardines de Italia Para escribirnos

sábado, febrero 28, 2004 :::
 
Fuente: Moda on line
Fecha:27-2-04
Autora: Cristina Mello-Grand

Tod's apre il suo giardino del lusso

Diego Della Valle fa costruire al PAC da Dante Ferretti un labirinto di edera lungo il quale si vanno a scoprire i must have del mondo Tod's. Primo evento mediatico di una lunga serie

Il sogno, la qualità, il Made in Italy diventano realtà. E lo fanno nella cornice del PAC, museo di arte contemporanea di via Palestro a Milano, grazie all'evento messo in scena da Diego della Valle. Per creare la differenza, Mister Tod's ha voluto al suo fianco Dante Ferretti e ha affidato all'estro dello scenografo di Hollywood il compito di trasporre in realtà quello che aveva in mente. "Dante Ferretti ha interpretato nel modo migliore ciò che gli ho chiesto - spiega Diego Della Valle -. Ha accettato di mettere in scena questo evento perché ha capito che è, e diventerà, l'appuntamento mediatico della settimana della moda milanese. Il mio obiettivo è quello di far rivivere a Milano quell'atmosfera glam e adrenalinica che si è persa nell'arco degli ultimi anni. Oggi la settimana della moda sembra quasi una fiera e io vorrei che tornasse ad essere il film che è stata". E il Giardino dei sogni ieri sera ha messo in scena l'universo di Tod's esaltando con stile, in un'atmosfera rinascimentale creata da un labirinto di pareti di edera, i veri protagonisti della serata. Ossia l'universo degli accessori griffati Tod's. Esposti come quadri, ma aperti e toccabili, i must have della prossima stagione. E così, addentrandosi nel labirinto tra le statue di Mosè e Nettuno, copia di quelle della Fontana di Trevi arrivate direttamente da Cinecittà (nel cui consiglio di amministrazione siede Diego Della Valle, ndr), si passava dal nuovo concept di gioiello firmato Tod's alla J.P.T bag che, plasmata sui vecchi finimenti da cavallo traspira artigianalità, alla T.One, rivisitazione in chiave urbana della sneaker, che a breve sarà ai piedi di quasi tutti i duemila ospiti della serata. Attratti sicuramente da un evento che "abbiamo la presunzione di far diventare il più importante della settimana della moda milanese, capace di unire il gotha del fashion system a quello dell'imprenditorialità e soprattutto in grado di attirare l'attenzione di tutti gli stranieri che in queste settimane sono a Milano. E' ora che l'Italia inizi a raccontarsi meglio di come sta facendo e cominci a valorizzare i suoi gioielli e a mettere in scena, creando eventi mediatici importanti, i veri valori che troppo spesso tiene nascosti".





::: Noticia generada a las 10:35 AM


domingo, febrero 22, 2004 :::
 
Fuente: Varesenews
Fecha: 17-2-04
Autor: Michele Mezzanzanica





Varese – Approvato all'unanimità dal Consiglio comunale la proposta di Molinari (Margherita). Gli alberi ricorderanno le persone che hanno sacrificato la loro vita per salvare quella di altri

E anche Varese avrà il suo "Giardino dei Giusti"

17 febbraio 2004) Un giardino per non dimenticare gli orrori della Storia, degli alberi per ricordare chi a questi orrori ha provato ad opporsi. A Varese nascerà il Giardino dei Giusti, luogo in cui si rende omaggio a tutti quegli uomini, di ogni epoca e di ogni dove, che hanno avuto il coraggio di opporsi ai totalitarismi ed ai genocidi che questi hanno generato. Il Consiglio Comunale ha infatti approvato all’unanimità una mozione presentata dal consigliere della Margherita Molinari, che impegna la giunta a trovare un’area idonea alla nascita di questo giardino. Varese entra così a far parte della "Foresta mondiale dei Giusti", comitato non lucrativo a cui aderiscono tutte le città del mondo che hanno deciso di seguire l’esempio di Gerusalemme, prima città a creare il Giardino dei Giusti. L’idea di piantare un albero a ricordo di una persona che ha sacrificato la sua vita per salvare quella di un altro è infatti del giudice ebreo Bejski, che ha istituito il giardino per favorire la riconciliazione del popolo ebraico con la Germania e tutti quegli Stati che hanno abbandonato gli ebrei al loro destino durante la Seconda guerra mondiale. Il progetto ha via via assunto un carattere sempre più generale, fino a diventare l’omaggio alla memoria di tutti coloro che si sono opposti alla barbarie in ogni parte del mondo.
(sopra: La copertina del libro dedicato a Calogero Marrone)

Il consenso alla proposta del consigliere Molinari è pressoché unanime. Zappoli (Rifondazione comunista) loda l’iniziativa perché «permette una libera riflessione sugli orrori del passato senza piegare la storia alle divisioni di oggi». Nidola (Forza Italia) e Maresca (Democratici di sinistra) pongono l’accento sulla continua presenza del male anche nella società libera e democratica, sottolineando l’importanza della memoria storica contro il rischio di degenerazioni. Sulla banalità del male insiste molto nel suo intervento lo stesso Molinari, citando la grande filosofa ebrea Hannah Arendt: «Il male non è mai radicale, ma soltanto estremo e credo che non possegga né profondità né dimensione demoniaca… solo il bene è profondo e può essere radicale».

Unica voce fuori dal coro quella di Alleanza Nazionale che, d’accordo con l’impostazione generale della mozione, contesta però la denominazione Giardino dei Giusti: «Preferiremmo Giardino della Memoria, perché meno strumentalizzabile a fini di parte» spiega il consigliere Federiconi. In un documento che parla indistintamente di Olocausto e gulag, di Desparecidos e foibe, la posizione di An appare dettata più da un’errata comprensione del testo che da un preciso dissenso politico. Il Presidente Ghiringhelli sospende quindi la seduta e convoca i capigruppo per provare a superare l’impasse, operazione che riesce nel giro di pochi minuti. Alla riapertura della seduta i distinguo nazionalalleati sono spariti e la mozione viene votata all’unanimità.

Dopo numerosi tentennamenti e prese di posizione poco convinte in occasione di episodi di razzismo ed intolleranza in città, finalmente Varese compie un atto univoco e concreto in favore di una cultura della non violenza e del rispetto reciproco. Per rendere perfetto il tutto, sarebbe bello che il primo albero piantato nel Giardino dei Giusti fosse dedicato a Calogero Marrone, grande personaggio varesino non sempre ricordato come meriterebbe.



::: Noticia generada a las 10:52 AM


sábado, febrero 07, 2004 :::
 
Fuente: Il Gazzetino on line
Fecha: 7-2-04
Autora: Laura Simeoni


Spunti e confronti nella due giorni di studio alla Fondazione Benetton su parchi, verde pubblico, orti botanici

Quando il giardino diventa "opaco"
Il peggior nemico è l’inquinamento ma non atmosferico bensì del gusto

Treviso
"Il giardino sta vivendo una fase strana: paradossalmente sta rischiando una forte opacizzazione in un momento di sviluppo collettivo di sensibilità verso la natura e la memoria". Su questa riflessione lanciata dall'architetto Domenico Luciani, è iniziata ieri mattina a Treviso la due giorni di studio promossa da Fondazione Benetton studi ricerche.

Nel nuovo auditorium di via Cornarotta si sono dati appuntamento 270 studiosi italiani e stranieri, per confrontarsi con illustri relatori sul tema semplice ma nello stesso tempo sfaccettato e complesso: "Il giardino, nel nostro tempo, nel nostro mondo". Le due giornate di studio sono la novità di questo 2004 nell'ambito del noto Premio internazionale per il giardino Carlo Scarpa; di volta in volta affronteranno un tema e saranno dedicate ad un personaggio significativo in ambito scientifico e culturale.

La prima edizione è omaggio a Lionello Puppi, insigne storico dell'arte, presidente del Premio e noto docente universitario. Puppi ha donato a Fondazione Benetton il suo ricco archivio che sarà a disposizione di chi vuole approfondire gli studi sul paesaggio. Ma attenzione ai termini: giardino, paesaggio, parco, verde pubblico attrezzato, luogo, ambiente non vanno confusi e per ciascuna parola esistono definizioni scientifiche e sfumature emozionali.

Nel dibattitto si notano divergenze: Carmen Anon Feliu, architetto paesaggista direttore del Dipartimento di progettazione e storia del giardino a Madrid ha parlato di "giardino senza frontiere e senza barriere" contraddicendo ciò che il dizionario della lingua italiana Palazzi definisce giardino: "luogo, per lo più cinto da siepe o da muro, dove si coltivano fiori e piante ornamentali". Avvalorando le sue affermazioni con suggestive diapositive, ha dipinto una rappresentazione di giardino quasi mistica, luogo di pace e libertà, in cui assaporare il silenzio. E se il giardino non ha nulla di ecologico ma va costruito sapientemente e con astuzia, ciò non significa lasciarsi muovere la mano dal tecnicismo ma al contrario sporcarla di terra, perché il vero giardino è quello vissuto. Le visioni del giardino rispecchiano la diversa forma mentis dei disegnatori-progettisti, ma su un concetto tutti sembrano d'accordo: il peggior nemico del giardino oggi è l'inquinamento, non tanto atmosferico quanto del gusto. Riuscire a combatterlo si può, intervenendo a livello culturale e - sottolinea Ippolito Pizzetti - promuovendo una autentica educazione dell'infanzia alla natura. Il che signfiica insegnare ad apprezzare lo spirito del luogo con piante e animali, che mutano di stagione in stagione piume e foglie. Oggi nuovi confronti, spunti e appunti per finire alle 19.30 con la testimonianza di Lionello Puppi.





::: Noticia generada a las 10:30 PM


miércoles, febrero 04, 2004 :::
 
Fuente: La Gazzetta di Sondrio
Fecha: 4-2-04
Autor: Red

Nuovo Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici

Sviluppo della cultura e tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico - Cosa cambia con il nuovo codice - Il Ministro Orbani

Sviluppo della cultura e tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico

Presentazione da parte del Governo del Nuovo Codice dei beni culturali e paesaggistici. Il Consiglio dei Ministri infatti il 16 gennaio scorso ha varato il nuovo codice per i Beni Culturali e Paesaggistici, sulla base della delega prevista dall'art.10 della legge n. 137 del 6 luglio 2002.
Di fronte alla crescente complessità nello sviluppo del territorio italiano e al cambiamento del quadro istituzionale con la modifica del Titolo V della Costituzione è stato necessario aggiornare le norme riguardanti la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico nazionale, risalenti al 1939.
Con una decisa semplificazione legislativa, il codice fornisce uno strumento unico per difendere e promuovere il tesoro degli italiani, coinvolgendo gli Enti Locali e definendo in maniera irrevocabile i limiti dell'alienazione del demanio pubblico, che escluderà i beni di particolare pregio artistico, storico, archeologico e architettonico.
Il cardine attorno al quale ruota il Codice è l'art.9 della Costituzione, in forza del quale la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
All'interno del "patrimonio culturale nazionale", si inscrivono due tipologie di beni culturali: i beni culturali in senso stretto, coincidenti con le cose d'interesse storico, artistico, archeologico etc., di cui alla legge 1089 del 1939, e quell'altra specie di bene culturale, in senso più ampio, che è costituita dai paesaggi italiani (già retti dalla legge 1497 del 1939 e dalla legge "Galasso" del 1985), frutto della millenaria antropizzazione e stratificazione storica del nostro territorio, un unicum nell'esperienza europea e mondiale tale da meritare tutto il rilievo e la protezione dovuti.

Cosa cambia con il nuovo codice
Il cardine attorno al quale ruota il Codice è l'art.9 della Costituzione, in forza del quale la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. All'interno del "patrimonio culturale nazionale", si inscrivono due tipologie di beni culturali: i beni culturali in senso stretto, coincidenti con le cose d'interesse storico, artistico, archeologico etc., di cui alla legge 1089 del 1939, e quell'altra specie di bene culturale, in senso più ampio, che è costituita dai paesaggi italiani (già retti dalla legge 1497 del 1939 e dalla legge "Galasso" del 1985), frutto della millenaria antropizzazione e stratificazione storica del nostro territorio, un unicum nell'esperienza europea e mondiale tale da meritare tutto il rilievo e la protezione dovuti.

- 1 La riforma del Titolo V della Costituzione ha distinto l'attività di tutela da quella di valorizzazione, cosa che, dal punto di vista scientifico, non appare giustificata e, dal punto di vista amministrativo, crea non pochi problemi. Soprattutto essa ha, in una certa misura, amputato la stessa funzione di tutela, sottraendole quell'insieme di attività che della tutela stessa rappresentano lo sbocco necessario: si individua, si protegge e si conserva il bene culturale affinchè possa essere offerto alla conoscenza ed al godimento collettivi. Il codice, quindi, ha avuto l'arduo compito di ricomporre la materia sulla base dei nuovi equilibri costituzionali. E' stata ricercata una soluzione equilibrata prevedendo, in primo luogo, ampi margini di cooperazione delle regioni e degli enti territoriali nell'esercizio dei compiti di tutela; dall'altro, distinguendo concettualmente la fruizione dalla valorizzazione propriamente detta e privilegiando, nell'esercizio di entrambe le funzioni, il modello convenzionale: Stato, regioni ed enti locali agiscono sulla base di programmi concordati con l'obiettivo di costituire un sistema integrato di valorizzazione. Per quanto riguarda, in particolare, la funzione di tutela, si è tenuto conto della necessità di assicurare sull'intero territorio nazionale un'azione il più possibile coerente e rispondente ad una logica unitaria di intervento, in modo da non creare, in un settore così delicato, frammentazioni e disparità. Pertanto, si è ritenuto prevalente, nell'ambito dei principi-guida fissati ai commi primo e terzo dell'art. 118 Cost., il principio della unitarietà dell'azione amministrativa; e ad esso si è improntato il criterio di attribuzione delle funzioni in materia di tutela del patrimonio culturale. Si è pertanto individuato nel Ministero il titolare "naturale" delle funzioni sopradette, prevedendo tuttavia la possibilità che il relativo esercizio avvenga anche attraverso il conferimento, sulla base di appositi atti di intesa e coordinamento, di specifici settori di attività in primis alle regioni e in via subordinata anche agli enti locali, quando ciò risponda ad una più puntuale ed opportuna applicazione dei principi di sussidiarietà e differenziazione. Di pari passo sono state meglio definite le nozioni di "tutela" e di "valorizzazione", dando loro un contenuto chiaro e rigoroso e precisando in modo univoco il necessario rapporto di subordinazione che lega la valorizzazione alla tutela, così da rendere la seconda parametro e limite per l'esercizio della prima. Si è comunque ritenuto di confermare in capo alle regioni a statuto ordinario l'ambito oggettivo delle attribuzioni ad esse precedentemente conferite in via di delega, concernente quella parte dei c.d. "beni librari". In relazione a tali beni, tuttavia, queste competenze risultano assai più estese rispetto al precedente assetto, in quanto abbracciano l'intera gamma dei compiti ascrivibili alle funzioni di tutela. Quanto alla valorizzazione, si è ribadita - in omaggio al dettato costituzionale - la potestà legislativa concorrente delle regioni, nell'ambito dei principi fondamentali fissati dal codice; mentre per lo svolgimento delle funzioni amministrative si è fissato il principio dell'ordinario ricorso ad accordi o intese, finalizzati ad assicurare il necessario coordinamento sul territorio delle relative attività.

- 2 Relativamente ai beni culturali di proprietà privata, con il codice si è colta l'occasione per prevedere una forma di "giustiziabilità" interna della dichiarazione di interesse culturale. Lo strumento del ricorso amministrativo consente all'Amministrazione di riappropriarsi di una funzione di controllo di merito sui propri provvedimenti. In tal modo, si è offerta ai destinatari di un provvedimento di dichiarazione l'opportunità di far emergere elementi nuovi o non sufficientemente valutati o per far rilevare eventuali vizi dell'atto, soprattutto sotto il profilo tecnico.

- 3 Il codice ha preso spunto dalla possibilità di affidare beni archivistici in temporanea custodia all'Amministrazione, al fine di estenderla ad ogni tipologia di bene culturale. Constatato che lo strumento del deposito non è del tutto idoneo allo scopo, si è ritenuto che per l'affidamento di beni culturali privati a strutture museali statali, fosse più adatto l'istituto civilistico del comodato. L'istituto appare di notevole appeal per i privati proprietari, dal momento che li solleva, per un periodo di tempo non limitatissimo, da ogni onere di custodia e restauro del bene.

- 4 Il codice disegna poi la nuova disciplina dell'alienabilità dei beni culturali di proprietà pubblica. Occorre precisare che l'alienabilità era stata già ammessa dalla legge finanziaria per il 1999. Un successivo decreto attuativo del 2000 ne aveva definito limiti e condizioni ma il sovrapporsi di numerosi interventi normativi successivi, spesso confusi, aveva finito per rendere poco chiaro il relativo regime giuridico di alienabilità. E' stato innanzitutto affermato il principio che i beni culturali appartenenti al demanio dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali non possono essere alienati o formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi previsti dallo stesso codice, in modo da riportare unità e chiarezza nella disciplina di settore. Sulla base di tale principio si è quindi provveduto ad individuare un nucleo di beni culturali demaniali sottratti in modo assoluto alla circolazione. In via provvisoria e cautelare, è stata poi disposta l'inalienabilità di tutte le cose immobili e mobili ultracinquantennali e di autore non più vivente, di appartenenza pubblica, fino a quando non sia intervenuta la prevista verifica del loro effettivo interesse culturale. Fissato l'ambito di ciò che non può essere alienato, il Codice provvede a disciplinare condizioni e modi per l'alienazione degli altri beni culturali pubblici, distinguendo tra demaniali e non demaniali. Il sistema introdotto prevede in ogni caso l'autorizzazione del Ministero; ma i procedimenti e le condizioni per il rilascio dell'assenso alla vendita sono diversificati a seconda che si tratti di beni immobili demaniali ovvero di altri beni, acquistando particolare rilievo per i primi il profilo dell'utilizzazione. Per tali beni è dunque stabilito che l'autorizzazione ministeriale possa essere rilasciata solo se dalla vendita non derivi danno alla loro conservazione e non risulti menomata la loro pubblica fruizione; e se nel provvedimento autorizzativo siano indicate le destinazioni d'uso compatibili con il carattere storico-artistico degli immobili e comunque tali da non recare danno alla loro conservazione.

- 5 Quanto alla valorizzazione dei beni culturali, la relativa disciplina si è resa necessaria, come detto, per dare attuazione all'art. 117 Cost.. Essa contiene, pertanto, i principi fondamentali che presiedono, unitamente a quelli dettati nella Parte prima, all'esercizio della potestà legislativa regionale primaria e secondaria. Le attività e i servizi pubblici di valorizzazione sono svolti dalle pubbliche amministrazioni, di regola, in forma diretta. Si può però ricorrere alla esternalizzazione delle attività e dei servizi quando ciò risponda all'esigenza di assicurare un migliore livello della fruizione pubblica dei beni culturali.

- 6 La Parte terza del codice raccoglie le disposizioni inerenti la tutela e la valorizzazione dei beni paesaggistici. Un elemento di innovazione che orienta la nuova disciplina è costituito dalla definizione di paesaggio. Un parametro fondamentale di riferimento, nell'elaborazione del codice, è stata la Convenzione europea del paesaggio, aperta alla firma a Firenze il 20 ottobre 2000. E' stato poi introdotto il principio della cooperazione tra le amministrazioni pubbliche nel definire gli indirizzi e i criteri che attengono alle attività fondamentali rivolte al paesaggio ed è stata anche indicata la prospettiva dello sviluppo sostenibile, quale elemento che, ferma restando la priorità dell'obbligo della salvaguardia e della reintegrazione del paesaggio, può concorrere con essi al raggiungimento degli obiettivi di tutela del territorio. Anche sotto questo profilo il codice innova la precedente legislazione, dando riconoscimento normativo al concetto dello sviluppo sostenibile e attraverso di esso alla possibilità di assicurare la localizzazione, minimizzare gli impatti ed assicurare la qualità progettuale delle opere e degli interventi che sia necessario realizzare in aree di particolare valore.

- 7 La protezione e valorizzazione del paesaggio viene anzitutto assicurata mediante un'adeguata pianificazione. Il codice mantiene la potestà di imporre vincoli provvedimentali, attribuita alle Regioni, sulla base delle valutazioni delle commissioni miste regionali o, in caso di inerzia, al Ministro. Rispetto alla pianificazione, i vincoli assumono il ruolo di anticipare le opportune forme di tutela per singole aree o complessi immobiliari, e comunque costituiscono il presupposto imprescindibile di cui la disciplina territoriale dovrà tener conto. L'attività pianificatoria viene estesa a tutto il territorio regionale. E' questo il primo aspetto innovativo rispetto al Testo unico, che sanciva l'obbligo di pianificare le aree tutelate ope legis e la facoltà di pianificare le località dichiarate di notevole interesse pubblico. Il secondo elemento di novità è costituito dall'individuazione delle fasi costitutive, dei contenuti e delle finalità del piano paesaggistico. L'elaborazione dei piani territoriali paesistici e dei piani urbanistico-territoriali aventi comunque valore di piano paesaggistico è quindi, per la prima volta, ricondotta a principi ed a modalità comuni per tutte le regioni e tali da assicurare una pianificazione adeguata. Viene previsto che il piano ripartisca il territorio regionale per ambiti omogenei: da quelli che possiedono un pregio paesistico di notevole rilievo fino a quelli, invece, degradati che quindi necessitano di interventi di riqualificazione, così da individuare i differenti livelli di integrità dei valori paesistici, la loro diversa rilevanza e di scegliere per ogni ambito le forme più idonee di tutela e di valorizzazione. Alle caratteristiche di ogni ambito debbono corrispondere obiettivi di qualità paesistica da preservare o conseguire. La prioritaria attività conservativa dei valori e delle morfologie tipiche del territorio è stata affiancata dall'elaborazione delle linee di uno sviluppo che sia compatibile rispetto ai diversi livelli dei valori già accertati. Lo sviluppo non deve comunque diminuire le valenze del paesaggio e deve, in particolare, salvaguardare le aree agricole che ricevono particolare attenzione nella disposizione. Tra gli obiettivi viene anche contemplata la riqualificazione delle aree compromesse o degradate e, di conseguenza, il recupero dei valori perduti o la creazione di nuovi valori paesistici. Al piano paesaggistico, in considerazione della diversità e dell'efficacia delle previsioni, è stato attribuito un contenuto conoscitivo, prescrittivo e propositivo. Una notevole novità è costituita dalla previsione che tra le singole Regioni ed il Ministero vengano stipulati accordi per l'elaborazione d'intesa dei piani paesaggistici. La centralità attribuita allo strumento degli accordi, ai fini dell'adeguamento dei piani esistenti e comunque dell'elaborazione dei nuovi, mira a superare i conflitti spesso verificatisi fra amministrazioni regionali ed organi ministeriali ed a rendere finalmente possibile l'attuazione di quella leale e proficua cooperazione fra Stato e Regioni nella tutela del paesaggio, costantemente richiamata dalla Corte Costituzionale.

- 8 Il codice opera una modifica sostanziale della disciplina del controllo sulle autorizzazioni paesaggistiche, oggi soggette all'annullamento ministeriale (per soli motivi di legittimità) previsto dall'articolo 151 del Testo unico. Tale procedimento viene conservato in via transitoria, nelle more dell'adeguamento dei piani paesaggistici. Le motivazioni di tale scelta sono anzitutto legate ai limiti, nella prospettiva di un'efficace salvaguardia del territorio, manifestati dal procedimento vigente nei diciotto anni di applicazione. L'efficacia interdittiva di interventi che pregiudicano il paesaggio assicurata dal sistema di controllo vigente, infatti, è essenzialmente legata alla insufficienza della motivazione con cui i Comuni (subdelegati in tutte le Regioni, ad eccezione del Piemonte) valutano la compatibilità con il vincolo in sede di rilascio delle singole autorizzazioni. Inoltre, si è considerato come il rilascio di autorizzazione susciti nell'interessato aspettative all'edificazione che, in caso di annullamento, comportano pregiudizi incolpevoli e inducono comunque a sviluppare un contenzioso, che sovente vede il Ministero soccombere e rispetto al quale appare opportuno un intervento deflattivo.La nuova disciplina a regime, presupponendo vincoli corredati da criteri di gestione, appare tale da consentire una valutazione effettiva della compatibilità paesaggistica degli interventi, dapprima in sede di autorizzazione e poi in sede di controllo della stessa.

Il Ministro Orbani
"Dopo oltre sessanta anni dalle leggi Bottai del 1939 sulle cose d'arte e sulle bellezze naturali, - ha dichiarato il Ministro Urbani - con il Codice dei beni culturali, per la prima volta, è stata tentata una risistemazione aggiornata (e non solo compilativa come è invece avvenuto per il Testo Unico del 1999) del corpus normativo sui beni culturali. Il rispetto per l'impianto fondamentale della tradizionale disciplina dei vincoli in tema di beni culturali in senso stretto non ha impedito l'introduzione di importanti riforme dei singoli istituti. Sono inoltre stati introdotti nuovi modelli di gestione e di valorizzazione capaci di coniugare al meglio le esigenze prioritarie della tutela con una visione moderna del bene culturale, inteso anche come risorsa. Per quanto riguarda il paesaggio, è stata operata una vera rivoluzione copernicana che permetterà di superare l'empasse amministrativa dovuta al continuo conflitto con le istanze regionali e locali di pianificazione del territorio. Si giunge così ad una pianificazione e gestione del paesaggio in accordo con le realtà territoriali, ma pur sempre capace di salvaguardare gli straordinari caratteri culturali dei paesaggi italiani come patrimonio identitario dell'intera collettività nazionale".
Red

___________________________________






Fuente: Gazzeta di Parma
Fecha:3-2-04
Autor: Marco Pellegri


Una suggestiva ipotesi sul Cupido di Laurent Guiard, scultore al servizio di Ferdinando di Borbone

Eros nel tempietto d'Arcadia
Una proposta: sistemare nel Giardino Ducale il calco della statua oggi al Toschi


Parma
Nel mezzo dell'estate del 1771 giunse a Parma lo scultore Laurent Guiard ( 1723 - 1788) per prendere il posto, lasciato libero per decesso da Jean Baptiste Boudard,come «Scultore della reale Corte di Parma» ed insegnante nella Reale Accademia di Belle Arti.
Arrivò nella capitale del Ducato dopo di avere trascorso una vita molto movimentata sia in Francia, ove fu allievo di Edme Bouchardon, che a Roma. Conobbe, in amicizia o non, personaggi importanti quali il Marigny, Caylus, Voltaire, Diderot, d'Alambert, la Chatelet, il duca di Choiseul, il Natoire, Barthelemy, De Cotte, Saint Non, Cochin, Mariette, etc. Nel campo della scultura aveva raggiunto una discreta notorietà. Come carattere era «una testa di ferro», presuntuoso arrogante e focoso.

L'insegnamento a Parma, per il tempo che vi rimase, fu per lui una sinecura tanto da lasciar scritto che vi «aveva fatto molto poco» e ciò corrisponde al vero poiché le sue opere rimaste si contano sulle dita di una mano.

Nel 1782 incaricato di attendere ad un grande gruppo esaltante San Bernardo da Chiaravalle per la chiesa di Clairvaux, si portò a Carrara , nel laboratorio dei fratelli Baratta , ove rimarrà per il resto della sua vita abbandonando completamente ogni incombenza pattuita con Parma. Il Duca Ferdinando di Borbone, trattandolo con grande benevolenza, e ritenendolo sempre il «suo» scultore continuò a versargli, per sempre, lo stipendio. Una retribuzione che in cuor suo il Guiard sapeva di non meritare. Si sentì in debito ed allora offrì al Duca due sculture: una «Baccante» e «L'Eros o Cupido che ricava l'arco nella clava di Ercole».

Della «Baccante» se ne sono perse la tracce salvo una sua fugace messa in vendita apparsa ,nel 1830, sul «Foglio commerciale italiano» accompagnata da un sintetico accenno : in atto di camminare, con due nacchere nel braccio sinistro e volgente uno sguardo affettuoso ad un piccolo satiro che teneva assiso sul suo omero destro. L'Eros fortunatamente è tuttora in essere Le sue dimensioni sono al naturale, e il Guiard lo ricavò da un solo blocco di marmo statuario dedicandovi una particolare attenzione.

Come scolpì ai piedi della deità, indica, con formale rispetto, che tale sua fatica era una copia di un'opera del 'suo grande maestro' il Bouchardon. Ne aveva seguito l'iter sin da quando sedicenne stava apprendendo presso lo studio del Maestro i primi segreti dell'arte. Conobbe l'ordinazione da parte di Philibert Orry, osservò i primi disegni fatti e rifatti più volte, ed alcuni li copiò, accarezzò i primi modelli, studiò le varie forme e ne seguì a poco a poco l'esecuzione. Si può dire che tale lavoro gli fu compagno dall'inizio alla fine della sua appartenenza allo studio del Bouchardon poiché questi vi attese a lungo, dal 1739 al 1750.

Il Bouchardon e così poi farà il Guiard presero ispirazione dall'Eros della collezione Farnese, dall'Eros di Tivoli ed ancor più dal giovane Cupido dipinto dal Parmigianino per il Cavaliere Francesco Baiardi, ove, e così vuole significare la scultura, nessuna forza fisica, rappresentata dalla clava di Ercole, può resistere all'amore. Anche se il Voltaire dubitava che questa invenzione dell'arco che esce dalla clava non fosse che una trovata ingegnosa.

L'opera del Bouchardon venne esposta a Versailles e sebbene il Mariette vi riconoscesse la grazia del Correggio congiunta alla purezza del disegno antico, non ottenne il successo sperato dall'artista. Il Guiard intraprese a fendere il marmo, con innanzi precisi disegni e forse calchi, apportando quelle modifiche da lui ritenute opportune. La statua del Guiard denota più chiaramente l'imitazione riflessa dell'arte greca ed un vivo naturalismo, animato ed appassionato.

Ci chiediamo ora perché il Guiard ritrasse e non compose, perché poi riprese una statua del Bouchardon e non di altri più rinomati, in un faticoso e costoso travaglio. Sarebbe stato più logico poi se si fosse applicato ad una «opera tutta sua» e di idee ne aveva ad iosa. Potrebbe esserci una risposta. Non avendo l'Eros del suo Maestro riscosso un ampio consenso volle dimostrare di saperlo superare nel trattare lo stesso tema; volle fare vedere come tale modello, con poche ma azzeccate sue varianti poteva divenire un capolavoro. «Eléve» sì, e lo incise anche, ma più bravo e questo dovevano, fra le righe , capirlo tutti.

Fu allora solo un atto di ambizione ed anche di superbia che lo spinse a ricomporre il giovane dio dal tenue e misterioso sorriso?

Avanzeremo un'altra ipotesi più affascinante : il Guiard scolpì l'Eros su ordine o di precisa sua volontà, affinché venisse collocato, su apposito piedistallo, nel Giardino Ducale, nel bel mezzo dell'arcadico Tempietto circolare, eretto da Ennemond Alexandre Petitot in studiata rovina, a compendiare le numerose statue di quel mondo mitologico che Jean Baptiste Boudard aveva disseminato, in feconda attività, fra viali ed aiuole. L'Eros avrebbe fatto da trompe l'oeil all'ingresso principale adducente al verde comparto circostante il delubro. Con questi punti di vista il Guiard si sarebbe allacciato, tanto per fare un solo esempio, al «Tempietto dell'Amore» dei giardini del Petit Trianon in Versailles ed a Parma, per merito suo si poteva fare un'opera migliore.

Al suo arrivo la statua non raggiunse il Giardino Ducale ma venne posta in Accademia ove viene ricordata nel 1812, in occasione di lavori di riattamento, allorché le fu destinata un'apposita nicchia. Verso la metà dell'Ottocento, sotto la spinta dell'influsso romantico, l'Eros venne smosso e trasportato fra le aiuole dell'Orto botanico ove rimase esposto alle intemperie sino al 1915 allorché sarà condotto a Colorno e posto al centro della sala maggiore del Palazzo ducale. Nel 1929 la statua tornerà nuovamente a Parma nei locali dell'Istituto d'Arte «Paolo Toschi» trovando una collocazione,sotto un arco dell'atrio, dignitosa se non ottimale.

Ora si lancia una proposta : di farne un calco, di studiarne un idoneo basamento e di porlo nel Tempietto d'Arcadia inserito nel mondo mitologico del Boudard di cui inoltre ne rispetta le proporzioni. Figurerebbe così come nell'allegata composizione . Ma poiché la cosa sarebbe troppo bella, facile e soprattutto di non gran costo , sarà molto, ma molto difficile che possa venire realizzata. Accontentiamoci allora della proposta ricostruzione. Vorrei chiudere però con un esempio citando Giocondo Albertolli che allorché attendeva , nel 1773 c., alle decorazioni di Palazzo Grillo, ora Marchi, associò nell'opera allievi e professori dell'Accademia. Si potrebbe estendere tale specchio all'Eros facendone trarre, come ammaestramento per chi insegna e per chi apprende, la copia da porre ove detta il nostro auspicio.



::: Noticia generada a las 8:20 PM




Powered by Blogger