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martes, julio 13, 2004 :::
 
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Fuente: Europaconcorsi.com
Fecha: junio 2004




Il giardino dei passi perduti
Una installazione al Museo di Castelvecchio



Italia, Verona (VR)

Con Il giardino dei passi perduti, per la prima volta, il dialogo diventa duplice: da un lato Peter Eisenman interpreta Carlo Scarpa leggendo e rivisitando metaforicamente il suo intervento di restauro, dall'altro colloquia con la storia del luogo e con la sua storia personale di architetto.



Come nella proposta “Moving Arrows, Eros and Other Errors: Romeo + Juliet” – progetto di concorso elaborato per la terza mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia del 1985 - e come in molte altre occasioni Eisenman compie operazioni che implicano la sovrapposizione di “impronte”, "strati" e “griglie”, traendo ispirazione dal luogo stesso e dalla sua sedimentazione.

Peter Eisenman, nell’accostarsi al castello scaligero e in particolare al suo restauro ad opera di Carlo Scarpa, esibisce alcuni suoi indirizzi progettuali attraverso la rilettura di una delle opere più significative del maestro veneziano, completata proprio quaranta anni fa.
Un atteggiamento di rispettoso omaggio e la sua passione per la dimensione territoriale, hanno indotto Eisenman a concentrare il suo impegno progettuale nel giardino e nelle prospicienti sale della Galleria della Scultura.
L’installazione dell’architetto americano intende confermare lo stretto rapporto teorico e formale tra i volumi interni al Museo e lo spazio esterno. In questo modo approfondisce e sviluppa la corrispondenza tra interno ed esterno che lo stesso Carlo Scarpa anticipò con la singolare collocazione del Sacello: esso infatti costituisce fisicamente uno spazio interno, ma visivamente rappresenta un volume esterno addossato alla facciata.

Le cinque sale del piano terra della Galleria sono riprese esternamente, con le medesime dimensioni planimetriche, divenendo, nell'installazione, altrettante piazze aperte. Nella loro evoluzione formale, con i piani spezzati, rialzati e inclinati, esse costituiscono una rappresentazione dei principi concettuali su cui si fonda la visione architettonica del maestro americano, fondatore del decostruttivismo. Inoltre l’incrocio di un “asse di Eisenman” con l’asse di Scarpa rappresenta un segnale di successivo distacco e “personalizzazione” nei confronti del motivo ispiratore del progetto. Lo scavo delle piazze e l’incrocio degli assi generano una serie di corrugazioni del terreno, dando origine a dune degradanti che delimitano anche fisicamente i cinque spazi esterni.

Il giardino dei passi perduti, vero e proprio dialogo di Peter Eisenman con Carlo Scarpa, costituisce al tempo stesso una rappresentazione del pensiero dell’architetto e teorico americano, orientato all’ostinata ricerca di una logica disciplinare interna all’architettura. La sua riflessione trova forma, molto più che in una retrospettiva di disegni e plastici del suo lavoro passato, in una sorta di “ipertesto eccessivo”, come lui stesso lo definisce.

La mostra è dunque un progetto realizzato, collocato come opera didascalica nel giardino di Castelvecchio e come opera frammentaria nelle sale corrispondenti all’interno del museo. Il punto di partenza è dato dai pavimenti di cemento striato di pietra realizzati da Scarpa per quelle cinque sale della cosiddetta Galleria della Scultura.

Cinque piattaforme delle medesime dimensioni delle sale vengono “scavate” da Eisenman nel giardino, come se preesistessero agli interventi di entrambi gli architetti, e situate lungo un asse parallelo alla sequenza degli ambienti interni. Questo asse “di Scarpa” è intersecato diagonalmente da un nuovo asse “di Eisenman”, imperniato sul ponte ruotato di Scarpa, così da suggerire un orientamento preesistente, tale da condizionare la posizione del ponte dell’architetto veneziano, piuttosto che il contrario.
Non solo i due sentieri si incrociano, ma anche si fondono le idee di terrapieno e di scavo.
Lungo questo secondo “percorso”, infatti, le lastre di Scarpa vengono spezzate per rivelare un dirompente amalgama di alcuni progetti chiave di Eisenman: la Piazza di Cannaregio, il Complesso di edilizia popolare IBA a Berlino, il Wexner Centre for the Visual Arts di Columbus, Il Musée du Quai Branly a Parigi, la Città della Cultura della Galizia a Santiago.

L’elemento dominante di questo amalgama eisenmaniano è la griglia rossa ruotata del complesso residenziale di Berlino e di Santiago de Compostela.
La griglia si estende anche nelle sale interne in una serie di frammenti interstiziali che appaiono tra i pavimenti di Scarpa e le mura del castello.
Questi resti della griglia di Eisenman non solo creano una momentanea risonanza con Scarpa, invitando a leggere il rapporto tra la preesistenza dell'edificio ottocentesco e l'intervento novecentesco dell’architetto veneziano, ma coinvolgono anche la scala e la distribuzione dei piedistalli dell'allestimento di Scarpa, gettando nuova luce sul suo intervento.

L’intento dell’architetto newyorchese è quello di confondere la relazione fra tempo e luogo domandandosi quale fosse il progetto originale: il castello, il restauro di Scarpa, quello di Eisenman?
In realtà il suo lavoro, oltre a rivelarci lo stesso intervento scarpiano, ci appare come una straordinaria creazione di arte contemporanea, capace di trasformare per i prossimi tre mesi la natura stessa del museo.

L’installazione: caratteristiche tecniche

Tecnicamente il progetto si realizza nel prato antistante la facciata interna del castello, con cinque scavi di altrettante piazze corrispondenti planimetricamente alla sale della Galleria inferiore. Le cinque piazze, della profondità massima di 20 centimetri, sono rivestite in lamiera di acciaio. Al di sopra sono posizionati, secondo l’asse slittato di Eisenman, volumi diversamente inclinati, anch’essi in acciaio, contenenti una pavimentazione che ripropone quella interna alla Galleria: cemento lisciato, intervallato da “striature” in pietra bianca della Lessinia, con lo stesso ritmo dell’interno. Le dune circostanti, realizzate con terreno vegetale e sagomate internamente da strutture metalliche che ne addolciscono il profilo, hanno un’altezza massima di metri 1,20 circa e sono ricoperte in superficie da erba distesa in rotoli.

La griglia, essa pure realizzata con profili in acciaio, è evidenziata con una verniciatura di colore rosso e prosegue idealmente nelle sale interne al museo, per mostrarsi lì tuttavia solo in determinati punti caratteristici, in rispettosa coesistenza con la suggestiva immagine della Galleria del museo.



::: Noticia generada a las 12:25 PM




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